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Angeli perduti

Regia di Wong Kar-wai vedi scheda film

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AndreaVenuti

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La recensione su Angeli perduti

di AndreaVenuti
9 stelle

Angeli Perduti (Fallen Angels) è il quinto lungometraggio del maestro Wong Kar Wai.

Autore a tutto tundo, artista geniale in grado di creare uno stile unico in cui ogni frame risulta essere pura poesia; analizzare un suo film non è mai semplice tuttavia è possibile individuare una serie di elementi distintivi del cinema dell'autore cinese.

Il film rimanda all'opera precedente di Wong Kar-wai ossia Hong Kong Express (//www.filmtv.it/film/13059/hong-kong-express/recensioni/819962/#rfr:film-13059) infatti in origine era stato concepito come terzo episodio di H.K.E, inoltre ritroviamo tra i protagonisti Takeshi Kaneshiro.

Come in ogni film del maestro Wong Kar-wai, i protagonisti sembrano quasi prigionieri delle prorpie contraddizioni sentimentali; ad esempio Ming (interpretato da Leon Lai, performance strepitosa) vorebbe sistemarsi ma la sua professione non glielo consente (è un killer) quindi per questa ragione l'amore tra lui e la sua "socia" (Michelle  Reis) difficilmente sboccerà.

Oltre ai contrasti sentimentali ritroviamo il "non luogo" in cui si svolge il tutto, ossia Hong Kong ormai prossima all'handover; una città cupa, frenetica e caratterizzata dalle sempre presenti luci al neon. 

Un luogo post-moderno, futuristico in cui il passato non esiste ed il futuro è pura utopia, in cui gli abitanti nonostante siano numerosissimi difficilmente comunicano tra di loro; ed eccoci arrivati ad un altro elemento fondamentale nel cinema di Wong Kar-wai, ossia l'incapacità di comunicare e non è un caso che uno dei protagonisti sia muto.

Ho Chi Woo (Kaneshiro) è un  ragazzo muto per via di un ananas scaduto (omaggio chiarissimo ad Hong Kong Express dove il personaggio interpretato da Kaneshiro mangiava continuamente ananas prossimi alla scadenza); il giovane per via del mutismo non riesce ad integrarsi con la società, ma questo handicap è solo un pretesto poichè ad esempio anche Ming (il killer) non riesce a comunicare con il prossimo dunque l'incomunicabilità è un tema predominante del film. Detto questo continuando a soffermarci sul personaggio di Ming è doveroso citare due sequenze alquanto significative:

 

1) Quando Ming sale sull'autobus ed incontra un vecchio compagio di scuola, un signore alquanto chiaccherone tuttavia Ming non è focalizzato sulla conversazione e qui interviene tutto il genio del regista, infatti la voice-over (altro elemento imprescindibile per Wong) del protagonista viene sovrapposta alle parole dell'amico che sembra quasi parlare da solo.

 

2) Piano sequenza su Ming quando si reca al bar per consegnare una moneta al barista: il piano sequenza inizia riprendendo Ming poi il movimento prosegue lentamente da sinistra verso destra fino ad inquadrare nuovamente ed icredibilmente  Ming (quindi all'inizio era il suo riflesso?), a questo punto il regista opta per un moviemnto selettivo e si avvicina lentamente al protagonista (fino a giungere ad un primo piano) il quale estrae la moneta per consegrala al barista (Il barista si trova in fuori campo, o meglio un fuori campo di passaggio infatti intravediamo il suo braccio) a questo punto il regista esegue una panoramica a schiaffo (anche se il movimento non è velocissimo) e sembra quasi volerci mostare il destinatario della conversazione/azione ma in realtà il movimento si conclude nuovamente su Ming (quello vero e non il riflesso).

Continuando con l'analisi del film si segnalano per importanza almeno altre tre sequenze bellissime, girate come sempre in uno stile unico e difficilmente imitabile; queste seqeunze sono i tre gunfight con Ming protagonista.

In un primo momento sembra di assitere ad uno stile che si può collocare a metà tra John Woo e Johnnie To, in seguito emergono elementi tecnici molto utilizzati e apprezzati da Wong Kar-wai come il montaggio discontinuo, jump-cut oppure l'utilizzo dello step-printing (tutte tecniche di montaggio; Wong cura, insieme ai suoi collaboratori come William Chang, il montaggio delle proprie opere, considerandolo una fase importantissima per la realizzazione del "prodotto" finale).

Tra le altre tecniche tipiche della poetica di Wong rintracciamo lo step-framing e lo si può intravedere durante una scena con Ho Chi woo [gradissima prestazione dell'attore giapponese nato a Taipei, inoltre chi scrive ha apprezzato come il suo personaggio molte volte gioca ricordando un po' il cinema di Kitano; infatti anche i protagonisti di Kitano giocano però in quel caso troviamo un aspetto diverso ossia la dicotomia gioco-morte]  e la sua "amata"Cherry" (Charlie Yeung) oppure l'immancabile gradangolo in grado di aumentare la la profondità di campo oppure il rilievo prospettico.

Concludendo Angeli Perduti è un film immenso, pura poesia cinematografica che merita di essere visto e rivisto.

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