Primavera, film d’esordio alla regia cinematografica di Damiano Michieletto, porta sullo schermo una vicenda ambientata nella Venezia del primo Settecento, all’interno dell’Ospedale della Pietà. L’istituzione, realmente esistita, accoglieva bambine abbandonate e, tra queste, le più dotate musicalmente venivano avviate allo studio e alla pratica orchestrale.
Cecilia, interpretata da Tecla Insolia, è una giovane violinista cresciuta nella Pietà. Suona dietro una grata, nascosta al pubblico aristocratico che ascolta le esecuzioni delle orfane. La sua musica è parte di un sistema in cui il talento delle ragazze contribuisce al sostentamento dell’istituto stesso, sostenuto da mecenati e benefattori. Nonostante l’apprezzamento per le esibizioni musicali, le giovani restano invisibili. Non solo per la grata, ma per una condizione generale che le vede escluse dalla possibilità di determinare il proprio destino.
Al cinema dal 25 dicembre con Warner Bros.

Una lettera mai letta
Nel film Primavera, Cecilia ha vent’anni, e da sempre vive all’interno dell’Ospedale. Non conosce le sue origini e scrive lettere immaginarie alla madre che non ha mai incontrato. Il suo presente è regolato da regole precise, dalla pratica musicale quotidiana, e da un futuro che sembra già deciso: è promessa in sposa a Sanfermo, interpretato da Stefano Accorsi, un nobile assente, finanziatore dell’istituzione, più anziano di lei, lontano per motivi di guerra.
L’arrivo del nuovo maestro di musica, Antonio Vivaldi, interpretato da Michele Riondino, apre una parentesi in questa struttura rigida. Vivaldi non viene mostrato nel pieno della sua fama, ma come un uomo segnato da una malattia cronica e da una carriera in bilico. Il suo ingresso alla Pietà, come nuovo maestro di concerti, coincide con un incontro che assume un valore diverso per entrambi.
Vivaldi trova in Cecilia una musicista di talento e una personalità non ancora pienamente emersa; Cecilia vede in lui non un salvatore, ma un interlocutore che la osserva con attenzione nuova. La relazione che si sviluppa tra i due, pur restando nei limiti di un contesto rigidamente codificato, apre uno spazio interiore che prima non esisteva.
Una collettività silenziosa
La storia di Cecilia si intreccia nel film Primavera con quelle di altre giovani musiciste, anch’esse orfane cresciute tra le mura della Pietà. Laura (Hildegard De Stefano), Marietta (Cosima Centurioni), Agnese (Federica Girardello), Caterina (Rebecca Antonaci), Maddalena (Chiara Sacco): ognuna condivide la stessa condizione, anche se con sfumature e caratteri diversi. Insieme costituiscono un coro muto, una comunità femminile che partecipa attivamente alla vita musicale dell’istituto ma resta soggetta a regole che le tengono fuori dal mondo.
Le figure adulte che governano la Pietà, come la Priora (Fabrizia Sacchi) e il Governatore (Andrea Pennacchi), incarnano il potere amministrativo e morale dell’istituzione. Più che come antagonisti, vengono rappresentati come ingranaggi di un sistema che esiste da secoli e funziona secondo logiche di controllo, disciplina e conservazione. Anche le figure esterne, come Elisabetta Parolin (Valentina Bellè) e il Re di Danimarca (Miko Jarry), appaiono legate a un mondo che osserva e finanzia, ma raramente ascolta davvero.

La musica come spazio interiore
Nel film Primavera, la musica è molto più di un elemento decorativo. È al centro della vicenda e funge da canale principale attraverso cui i personaggi si esprimono e si confrontano con se stessi. Le composizioni originali di Fabio Massimo Capogrosso si alternano a brani del repertorio vivaldiano, con esecuzioni a cura dell’Orchestra e Coro del Teatro La Fenice e dei Solisti Aquilani. La musica rappresenta per Cecilia una lingua propria, attraverso cui filtrare emozioni che non possono essere dette.
La scelta di Michieletto di dare un peso centrale alla colonna sonora non si tradurrebbe in un commento emozionale ma in una dimensione narrativa parallela. È nella pratica musicale che Cecilia e le sue compagne sperimentano sia la disciplina che la possibilità di esprimere un sé diverso. L’insegnamento di Vivaldi non è centrato solo sulla tecnica, ma anche sull’ascolto, sull’intuizione, sulla capacità di accogliere il disordine interno. In questo senso, la musica non è né liberazione né prigione, ma uno spazio di conflitto e possibilità.
La città oltre la cornice
La Venezia che emerge dal film Primavera non è la città da cartolina spesso associata al suo nome, ma un luogo concreto, a tratti cupo, segnato dall’umidità, dal silenzio, dalle nebbie. Le riprese in esterni, affidate alla fotografia di Daria D’Antonio, e la cura per gli ambienti storici, ricostruiti dalla scenografia di Gaspare De Pascali, restituiscono una città sospesa tra la magnificenza della sua arte e la durezza delle sue istituzioni.
I costumi firmati da Maria Rita Barbera e Gaia Calderone contribuiscono a definire un’epoca dove le regole sociali sono visibili anche nei dettagli del vestiario. Venezia non è solo sfondo, ma parte viva del racconto. Secondo le parole dello stesso Michieletto, la città funziona da espressione emotiva dei protagonisti, specchio di ciò che si agita al loro interno.

Una stagione che non basta
Il titolo Primavera, in apparenza un omaggio alla composizione più nota di Vivaldi, viene utilizzato per segnare una soglia, un cambiamento possibile. Non è però un cambiamento immediato, né risolutivo. Cecilia, al termine del racconto, non sembra uscire fisicamente dalla sua condizione, ma qualcosa si modifica nel modo in cui guarda a sé stessa e al mondo. L’incontro con Vivaldi, la pratica musicale, il rapporto con le altre ragazze, aprono uno spazio di pensiero critico, una forma di consapevolezza nuova. Non c’è rottura drammatica, non c’è fuga, ma piuttosto un lento scarto. Un passaggio interiore, che lascia intravedere un’altra stagione possibile, anche se ancora da venire.
Ascoltare ciò che non viene detto
Scritto da Ludovica Rampoldi insieme a Damiano Michieletto, il film Primavera si ispira liberamente al romanzo Stabat Mater di Tiziano Scarpa. Pur ambientato in un’epoca storica precisa, il film esplora temi che attraversano il tempo: l’identità, la formazione, il ruolo dell’arte nella vita di chi non ha potere. La vicenda di Cecilia non è presentata come eccezionale, ma come emblematica di una condizione più ampia, condivisa da molte. La musica, in questo contesto, non è soluzione ma strumento: può accompagnare, sostenere, creare legami. In un contesto dove parlare è spesso impossibile, suonare diventa un modo per affermare la propria presenza. L’inizio di un cammino più che la sua conclusione.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Primavera può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.
Filmografia
Primavera
Biografico - Italia, Francia 2025 - durata 110’
Regia: Damiano Michieletto
Con Tecla Insolia, Michele Riondino, Andrea Pennacchi, Fabrizia Sacchi, Valentina Bellè, Stefano Accorsi
Al cinema: Uscita in Italia il 25/12/2025


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