C’è un’immagine precisa al cuore di The Smashing Machine, il film scritto e diretto da Benny Safdie, con Dwayne Johnson nei panni del lottatore Mark Kerr. È un piano sequenza. Parte dal ring e segue Kerr fino al suo spogliatoio, dopo una sconfitta. Non ci sono tagli, solo il percorso fisico e simbolico di un uomo che, smesso di combattere, deve affrontare ogni sguardo: fan, guardie, allenatori, addetti alle pulizie. È il viaggio della caduta, quello che viene dopo l’impatto. E lì, in quel cammino, Safdie si concentra per mostrare cosa significa perdere.
Perché The Smashing Machine si interessa soprattutto a ciò che succede fuori dal ring: la pressione, la fatica, la solitudine. Mark Kerr non è soltanto un atleta con una carriera nell’UFC prima dell’era del mainstream. È anche un uomo alle prese con un uso pesante di antidolorifici, con dinamiche relazionali instabili e con un’identità che sembra oscillare a ogni incontro.
Dal 19 novembre al cinema con I Wonder Pictures.

La discesa dal ring
Ambientato tra la fine degli anni ’90 e l’inizio dei 2000, il film The Smashing Machine ricostruisce un periodo centrale della vita di Mark Kerr, uno dei nomi di spicco della scena MMA americana prima che la UFC diventasse fenomeno globale. Il film segue la sua ascesa sportiva e, parallelamente, l’intensificarsi delle sue difficoltà personali.
Il racconto si sviluppa tra sessioni di allenamento, combattimenti, momenti di crisi e il tentativo di gestire una relazione sentimentale con Dawn (Emily Blunt). Kerr convive con un uso continuativo di oppiacei per lenire i dolori fisici, mentre la sua condizione emotiva diventa via via più complessa. Le vittorie si accumulano, ma sembrano non bastare. La tensione tra successo sportivo e instabilità privata diventa sempre più evidente.
Il gigante sotto la pelle
Il personaggio di Mark Kerr viene presentato come una figura complessa. La sua immagine pubblica, dominata dalla forza fisica e dalla disciplina dell’atleta, convive con un lato privato segnato da fragilità, silenzi e difficoltà nel gestire le pressioni. Il contrasto tra la sua imponenza fisica e la delicatezza con cui si esprime diventa un elemento centrale del ritratto.
Il film The Smashing Machine mette in scena le tensioni tra l’identità costruita sul ring e quella vissuta fuori. Kerr appare spesso diviso tra ciò che gli altri si aspettano da lui e ciò che riesce a sostenere. Il lavoro attoriale di Dwayne Johnson è costruito attorno a questa tensione, cercando di restituire un’immagine interna più stratificata rispetto al profilo pubblico del lottatore.
Dawn: amore, frattura, specchio
La relazione tra Mark Kerr e Dawn occupa uno spazio rilevante nel racconto. Non viene rappresentata come una storia romantica tradizionale, ma come un confronto costante tra due persone che si trovano a gestire situazioni emotive complesse. Dawn, interpretata da Emily Blunt, attraversa il film come figura di presenza ma anche di distanza.
Il rapporto tra i due personaggi si alterna tra momenti di vicinanza e fasi di incomunicabilità, riflettendo le difficoltà più ampie vissute da Kerr. Dawn assume così un ruolo che va oltre quello della compagna del protagonista: diventa parte integrante della narrazione del suo isolamento e delle sue contraddizioni.

Combattere senza gloria
Nel film The Smashing Machine, la dimensione della lotta è mostrata non tanto come competizione spettacolare quanto come condizione esistenziale. I combattimenti sono parte del racconto, ma spesso funzionano come estensione del conflitto interiore. La gabbia, lo spazio del confronto fisico, viene proposta come un luogo dove si condensano le pressioni, le aspettative e i limiti.
Mark Kerr si confronta con la necessità di mantenere uno standard, di essere sempre performante, sempre all’altezza. Il ring diventa così uno spazio di prova non solo per il corpo, ma per la tenuta psicologica di chi vi entra. La vittoria non appare mai sufficiente, la sconfitta viene vissuta come crisi identitaria.
Il volto della sconfitta
Alla base deò film The Smashing Machine c’è una domanda: Cosa si prova a perdere? È una questione che Safdie porta avanti da tempo nel suo lavoro, osservando personaggi che si muovono sul crinale tra successo e fallimento. Qui la figura di Mark Kerr serve a esplorare quella soglia in modo diretto. Non tanto per raccontare un punto di rottura, quanto per osservare ciò che viene dopo.
La sconfitta non è solo sportiva, ma anche personale, relazionale, esistenziale. E ciò che emerge è una condizione di vulnerabilità spesso invisibile a chi guarda da fuori. In questo senso, il film si muove più nel campo del ritratto psicologico che in quello del racconto sportivo tradizionale.
Il rumore dopo l’applauso
Il film The Smashing Machine affronta la figura del lottatore Mark Kerr concentrandosi non sul trionfo, ma sulla pressione. Non sulla gloria, ma sul ritorno al silenzio. Mostra cosa succede quando un’identità costruita attorno alla forza inizia a cedere. Il cammino dallo sportivo al semplice individuo, dal ring allo spogliatoio, diventa metafora di un’esperienza più ampia.
Nel personaggio di Kerr, e nella sua traiettoria, si riflette una tensione comune: il bisogno di continuare, anche quando tutto sembra spingere nella direzione contraria. Il film si interroga su cosa significa tentare, cadere, riprovare. E cosa resta quando non si riesce più a distinguere tra l’uomo e la macchina che tutti vedono.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di The Smashing Machine può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.
Filmografia
The Smashing Machine
Biografico - USA 2025 - durata 123’
Titolo originale: The Smashing Machine
Regia: Benny Safdie
Con Dwayne Johnson, Emily Blunt, Paul Lazenby, Bas Rutten, Whitney Moore, Andre Tricoteux
Al cinema: Uscita in Italia il 19/11/2025
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