La salita, film diretto da Massimiliano Gallo al suo esordio nella regia, parte da due fatti documentati. Il primo è il trasferimento temporaneo di alcune detenute del carcere femminile di Pozzuoli al carcere minorile maschile di Nisida nel 1983, a causa di danni strutturali legati al bradisismo. Il secondo riguarda l’attività di Eduardo De Filippo, nominato Senatore a vita, che nello stesso anno avviò un progetto teatrale per i giovani detenuti dell’Istituto di Nisida, ideando corsi di scenotecnica e recitazione e coinvolgendo la sua compagnia per la messa in scena di uno spettacolo.
Il film combina queste due linee storiche con elementi di finzione, centrando la narrazione sull’incontro tra un ragazzo recluso a Nisida e una delle donne trasferite da Pozzuoli. L’interazione tra questi due personaggi introduce il teatro come elemento di raccordo e trasformazione narrativa.
A febbraio 2026 in sala con Fandango.

Corpi chiusi, menti aperte
Il racconto del film La salita si sviluppa intorno a Emanuele (Alfredo Francesco Cossu), giovane detenuto, e Beatrice (Roberta Caronia), ragazza arrivata da Pozzuoli. Il loro incontro, all’interno di uno spazio segnato da confini fisici e sociali, attiva una dinamica che coinvolge altri personaggi: Giovanni (Antonio Milo), educatore presente nel carcere; Maria (Shalana Santana), altra detenuta coinvolta nel percorso teatrale; e il Direttore, rappresentante istituzionale che osserva gli sviluppi con attenzione.
Accanto a questi personaggi immaginari o ispirati a figure reali, emerge la presenza di Eduardo De Filippo, interpretato da Mariano Rigillo, che entra nel racconto come promotore di un’azione concreta: portare il teatro dentro un carcere minorile. La sua figura diventa punto di connessione tra la struttura carceraria e l’attività creativa, senza essere idealizzata o caricata di significati extra-narrativi.
Dove finisce la reclusione
L’ambientazione nel carcere minorile di Nisida negli anni Ottanta non si limita a restituire uno scenario. L’istituto penitenziario diventa un luogo in cui si confrontano traiettorie personali, codici disciplinari, e forme di relazione non convenzionali. Il contesto storico-geografico (una Napoli del 1983, attraversata da tensioni strutturali e sociali) entra nel racconto come sfondo, ma anche come filtro attraverso cui si muovono i personaggi.
Nel film La salita, la reclusione non è solo materiale. È anche una condizione mentale e culturale. L’introduzione del teatro nella routine detentiva viene rappresentata come un’occasione di espressione, un cambiamento temporaneo nel modo in cui i giovani detenuti vedono se stessi e gli altri. La rappresentazione scenica si inserisce così come parte della quotidianità carceraria, con un ruolo pratico e non necessariamente risolutivo.

La salita non è fuga
Il titolo del film, La salita, suggerisce un movimento che richiede sforzo. “La salita” si riferisce a un processo che non implica evasione o negazione della realtà, ma piuttosto un confronto con essa. Nel corso della narrazione, i personaggi si trovano a gestire cambiamenti, decisioni e nuove prospettive che non annullano le loro condizioni, ma le attraversano.
L’arco narrativo segue l’evoluzione di singoli percorsi, senza attribuire loro tratti emblematici. Il carcere rimane carcere, il passato non viene cancellato, ma nuove possibilità vengono prese in considerazione. Il film costruisce un contesto in cui il cambiamento non è descritto come un esito, ma come un’opzione in discussione.
Quando il sipario è una seconda possibilità
Il film La salita si muove lungo un equilibrio tra documentazione e invenzione. Il contesto è storico, i personaggi sono in parte ispirati a vicende reali, e la componente teatrale è inserita nella storia con un ruolo narrativo. Il film mette in scena un momento specifico della storia napoletana recente, restituendone alcuni tratti e proponendo una riflessione su temi come la detenzione minorile, l’educazione, l’arte come forma di esperienza collettiva.
L’uso del teatro come strumento all’interno della trama non è presentato in termini risolutivi, ma come elemento che modifica temporaneamente le dinamiche interne al carcere. La narrazione suggerisce che l’identità di chi è recluso non è completamente definita, e che l’espressione artistica può agire come mezzo di riformulazione personale.
La salita chiude così il suo percorso narrativo lasciando aperti alcuni interrogativi: che cosa accade quando a chi vive in uno spazio chiuso viene offerta una possibilità di raccontarsi? Quali margini esistono, dentro le istituzioni, per gestire alternative alla reclusione silenziosa? Il lungometraggio pone questi elementi all’interno della finzione, lasciando alla visione la costruzione di un’interpretazione.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di La salita può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.

Filmografia
La salita
Drammatico - Italia 2025 - durata 90’
Regia: Massimiliano Gallo
Con Roberta Caronia, Alfredo Francesco Cossu, Mariano Rigillo, Antonio Milo, Shalana Santana, Gianfelice Imparato
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