Nel suo testamento cinematografico, Laurent Cantet, con la regia di Robin Campillo, ci consegna Enzo, un film che non chiude un percorso, ma lo prolunga come un’eco inquieta, lasciando lo spettatore a riflettere sul senso della diserzione, dell’inadeguatezza e della resistenza esistenziale. Questo è un film sul lavoro, sull’identità, sulla famiglia e sulla paura del mondo che cambia: un’opera che parla chiaro e taglia nel profondo. In anteprima alla Quinzaine 2025, arriverà nella sale la prossima stagione grazie a Lucky Red.

Un ragazzo al margine
Enzo, il protagonista del film interpretato da Eloy Pohu, ha sedici anni e lavora come apprendista muratore a La Ciotat. Il suo non è un gesto di ribellione, ma una fuga silenziosa: lasciare gli studi non per sfida, ma per disagio. La villa familiare, pur confortevole, è una gabbia. Il padre, interpretato da Pierfrancesco Favino, lo spinge verso un futuro rassicurante, borghese, ma Enzo - silenzioso, cupo, resistente. cerca altro.
Lo trova nei cantieri, nel confronto con la fatica fisica, nella conoscenza di Vlad, un operaio ucraino più grande di lui, enigmatico e ruvido, con il volto di Maksym Slivinskyi. Vlad è tutto ciò che Enzo non è e allo stesso tempo ciò che vorrebbe diventare. Nasce un legame profondo, forse un desiderio, sicuramente un’ammirazione bruciante, che non si risolve mai in un’affermazione chiara, ma che segna ogni fotogramma.
Archetipi nuovi, incarnati con verità
Eloy Pohu, ex nuotatore e attore esordiente, dà a Enzo un’intensità silenziosa. Non è un adolescente “contro”, non è il cliché del giovane arrabbiato. È un corpo che resiste, una mente che osserva, una volontà che si sottrae. Ricorda Bartleby, il protagonista del racconto di Herman Melville: “preferirebbe di no”, ma non perché sia passivo: il suo rifiuto è attivo, carico di significato.
Il padre, Paolo, è un uomo tagliato fuori dalla propria famiglia, incapace di riconoscersi nel figlio. Il conflitto non è solo generazionale, ma culturale. È la frizione tra chi ha scelto di godere della stabilità e chi la vive come una trappola.
La madre Marion, interpretata da Élodie Bouchez, è spettatrice e testimone, più lucida ma impotente. Il fratello Victor (Nathan Japy), impegnato nel suo “Parcoursup”, rappresenta la traiettoria prevista, il modello scolastico e meritocratico che Enzo abbandona con ostinazione.
Vlad, incarnato con intensità da Maksym Slivinskyi, è una figura complessa: non è il “salvatore”, non è nemmeno un mentore nel senso classico. È un punto di fuga, un corpo estraneo nel quale Enzo proietta ansie, desideri e aspirazioni.

Il lavoro, il desiderio, la fuga
Enzo è un film politico, ma mai didascalico. Parla di classe, ma senza semplificazioni. Con la scelta di attori non professionisti e professionisti insieme, Cantet e Campillo costruiscono un microcosmo in cui le gerarchie sociali sono già inscritte nei corpi e nei silenzi.
Il film interroga il lavoro manuale come possibilità di riscatto ma anche come luogo di scontro. I cantieri non sono romantici, sono brutali. Ma è lì che Enzo inizia a vedersi, a riconoscersi. Vlad, operaio straniero, rappresenta l’altro, il diverso, ma anche l’orizzonte di una virilità nuova, dolente, mai ostentata.
Il desiderio, mai esplicitato, è un motore carsico. Non si tratta di un film sul coming out. Piuttosto, Enzo esplora l’ambiguità, il non-detto, la tensione. Vlad è un miraggio, un compagno d’armi ideale che Enzo sa già irraggiungibile. E proprio in questa consapevolezza si gioca l’intensità del legame.
La famiglia è il vero antagonista: non nel senso drammatico, ma esistenziale. È il simbolo di un mondo che propone il benessere come unica strada, ignorando le crepe che attraversano i suoi figli. Enzo, “un piccolo borghese che si racconta storie”, secondo suo padre, rifiuta questo racconto ma senza averne ancora uno proprio da offrire.
Cantet e Campillo: l’ultima sinfonia a due voci
Enzo è un film postumo, nato da una collaborazione ventennale. Laurent Cantet, scomparso nel 2024, firma qui il suo ultimo progetto, scritto insieme a Robin Campillo, che ne prende la regia dopo il peggioramento della salute dell’amico. Campillo non cerca di imitare Cantet, ma ne onora lo sguardo. Il risultato è un film ibrido, dove l’urgenza sociale incontra una dimensione quasi lirica, da “lato oscuro della luna”.
Il dialogo tra i due registi si percepisce nei dettagli: il rispetto per i personaggi, l’attenzione ai silenzi, il rifiuto di una narrazione didascalica. Non si spiega mai nulla. Si mostra. Si lascia lo spettatore nella stessa incertezza che vivono i protagonisti.
Enzo è un film che non cerca risposte, e proprio per questo colpisce. Non c’è catarsi, non c’è redenzione. C’è solo un adolescente che rifiuta la traiettoria prevista, senza sapere ancora quale costruire. C’è un desiderio che resta sospeso. E c’è un mondo che cambia e un ragazzo che, in silenzio, cerca il suo posto tra le rovine.
In un’epoca in cui il cinema spesso semplifica per rassicurare, Enzo fa il contrario: complica, destabilizza, e per questo resta. È un film da guardare come si guarda il mare in tempesta: con rispetto, con paura, con meraviglia.
Filmografia
Enzo
Drammatico - Francia 2025 - durata 102’
Titolo originale: Enzo
Regia: Laurent Cantet, Robin Campillo
Con Pierfrancesco Favino, Elodie Bouchez, Maksym Slivinskyi, Eloy Pohu
Al cinema: Uscita in Italia il 28/08/2025
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