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Il nuovo corso
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Il nuovo corso

Lungi da me la voglia di esprimere un giudizio critico!!! (sarebbe quantomeno ingiustifcato perchè mancherebbe oggettivamente il materiale valutativo per evidenziare "riserve" o "elogi"). Considerate quindi questa mia come un piccolo "farneticante" sfogo di un affezionato e un pò perplesso utente (sia del cartaceo che del sito) che vuole evidenziare attraverso queste piccole annotazioni a latere solo le sue "dubbiose" paure, forse perchè si è sentito colto alla sprovvista da questa repentina e radicale "notizia del cambiamento" (sicuramente era nell'aria ma nessuno probabilmente immaginava che ciò avrebbe potuto verificarsi in termini così perentori). Inutile nasconderlo: un certo patema d'animo c'è (ma questa non sarebbe una novità per quanto mi riguarda: ogni cambiamento determina in me un fortissimo stato "ansiogeno" perchè, come si dice, si sa quel che si perde, ma rimane l'incognita preoccupata di cio che ci attende - o che acquisteremo - a partire dalle nuove "collaborazioni"). Immagino che sia persino troppo presto per considerare "definito" il nuovo staff dei collaboratori, ma mi auguro che in ogni caso il "terremoto" che sembra aver investito la redazione (molto più di un semplice cambio di direttore) sia stato per lo meno "indolore" e "consenziente" e non si tratti di un vero e proprio "colpo di stato" che lascia sempre feriti e vittime inconsapevoli sul suo cammino. Non vorrei essere frainteso: confermo i miei apprezzamenti indiscussi al "merito" di Aldo Fittante che ho avuto modo di conoscere e valutare per quel che vale in anni e anni di "freqeuntazione" indiretta (mi permetto di definire così la "lettura" attenta e assidua delle sue critiche) e quindi prima di tutto gli auguro il miglior successo possibile per questa nuova avventura sperando davvero che continui a far correre la rivista e i suoi contenuti "ostinatamente controvento" (ne ha le capacità: ma potrebbero essere semmai i "condizionamenti esterni" che immagino pressanti a rendergli difficoltoso il tragitto) ma non posso non evidenziare che sentirò forte la mancanza di una presenza "carismatica" (e in particolare sintonia con il mio pensiero critico di semplice ma non sprovveduto spettatore) di Emanuela Martini alla quale colgo l'occasione per esprimere i miei ringraziamenti per tutto il cuore (e non solo) che ha messo in tutti questi anni di travagliato "sostegno" a una testata "irrinunciabile" (per me) come quella di FilmTv e le auguro nuove analoghe fortune nei futuri incarichi che sarà chiamata a ricoprire (e che spero la lascino in qualche modo anche "attigua" a questa pubblicazione ormai storica che a me rimane difficile non identificare col suo nome). Perchè allora ho sentito l'urgenza di stendere queste forse "premature" considerazioni? E' lo spazio relativo a "I 400 colpi" che mi ha indotto a farlo, senza l'indugio dell'attesa, e soprattutto l'analisi delle "votazioni" espresse da una di quelle che ritengo debba essere considerata uno dei nuovi acquisti (e se il buon dì si vede dal mattino... dovrei purtroppo ritenerlo davvero "poco felice" ovviamente in base al mio opinabilissimo pensiero). Mi riferisco a Cristina Borsatti, alla quale riconosco ovviamente il legittimo diritto di evidenziare la sua "personale concezione di cinema" ma alla quale non posso fare a meno di rimproverare quello che per me è il più grave difetto che ammorba il nostro presente (quello del "non giudizio" e che non riguarda solo e semplicemente la critica cinematografica troppo spesso pressapochista e incapace di espremere "posizioni" anche impopolari). Che uniforme buonismo il suo: sembra una "velina" (non nel senso attuale del termine, ma in quello utilizzato a suo tempo da Saviane per stigmatizzare il "serevilismo" dei lettori- estensori dell'infornazione "di stato" di certa televisione e altrettanta stampa) al servizio (mi verrebbe volgia di insinuare "al libro paga") del "sistema cinema": dice bene di tutto e indiscriminatamente. Premesso che un critico dovrebbe sempre confrontarsi con la "sintassi cinematografica" imprescindinilmente certa per ogni valutazione oggettiva, comunque la si pensi e nonostante Marco Giusti (esiste o non esiste uno "specifico filmico?" io credo di sì e ritengo che debba essere in ogni caso tenuto presente) mi sembra improbabile (per non dire "impossibile") per ogni criterio "interpretativo" che abbia comunque una sua etica di riferimento, mettere sullo stesso piano (la differenza di un solo voto praticamente uniforna il giudizio) pellicole "inguardabili" (non tanto per i contenuti che sono comunque squallidi, ma proprio sotto il profilo delle modalità di "realizzazione scenica") come Natale in crociera o Una moglie bellissima o ancora "laccati" e asincronici pastrocchi pseudo cultural letterari come "L'amore ai tempi del colera", con "capolavori" indiscussi destinati ad entrare a far parte della storia del cinema e della sua evoluzione (mi riferisco ancora alle "modalità di scrittura in immagini" ) come La promessa dell'assassino, o risultati forse incompiuti, ma stimolanti e coraggiosi come L'assassinio di Jessie James. Non ho mai dato molta importanza ai voti (li ho sempre considerati "un gioco", ma riuscivo a comprendere per esempio le "provocatorie" posizioni estremizzate di un Bocchi con i suoi improbabili 1 a film che "meritavano" indubbiamente molto di più) e non mi scandalizzo mai. Così nemmeno questa volta avrei avuto l'ardire di stigmatizzare "incongruenze per me insostenibili" se ci avessi intravisto una certa "coerenza" di pensiero- magari non da me condivisa - ma che dimostrasse un andamento di percorso logico e non di "apprezzamento quasi indiscriminato di tutto ciò che passa il mercato" che poteva persino giustificare la sufficienza al non cinema di Pieraccioni o Parenti ma che doveva "necessariamente", perchè i parametri non sono raffrontabili, definire per esempio un "insufficiente" certo per lo meno all'antitesi Cronemberghiana in caso di rifiuto di quella "particolarissima visione" oppure un più elevato punteggio capace di confermare la "stratosferica differenza" che è tangibile e che dovrebbe essere sotto gli ochci di tutti (ma il discorso potrebbe estendersi anche ad altri nomi "impegnati", in genere non molto graditi e spesso semplicemente "tollerati" da chi considera il cinema - anche da parte della critica militante - semplice intrattenimento "barzellettiero" e non intende pretendere di più perchè per loro, sembrerebbe che - parafrasando il buon Califano - "tutto il resto sia noia"). Questo "appiattimento" del pensiero che mescola "pere" e mele" (per non dire cani e porci) per me è di un "buonismo" sconcertante che lascia aperta la strada al dubbio del compromesso ragionato (e perchè non esprimerlo allora?). Insomma se "così dovrà essrere il futuro" (non azzardo considerazioni premature al riguardo di Andrea Fornasiero, e Andrea Giorgi che conosco poco o di Raffaella Giancristofaro che è già stata presente sulla rivista e che conosco per altre pubblicazioni, perchè le loro pagelle esprimono comunque - condivisibile o meno - un'idea di cinema che attende sviluppi, conferme o delusioni) anche qui dovrò rimpiangere fortemente "l'assenza" (se davvero sarà definitivamente confermata) dello spregiudicato Bocchi o del promettente (per me) Pedroni, senza tacere di Bruno Fornara e Emiliano Monreale). In ogni caso, "comunque vada", io sono con voi sempre e comunque, ma francamente mi rimane molto difficile immaginare dove si nascondano le ragioni recondite di certe scelte che ai miet occhi assumono quasi il senso di una epurazione.

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