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Un giorno di ordinaria follia

Regia di Joel Schumacher vedi scheda film

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Alessia Birri

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La recensione su Un giorno di ordinaria follia

di Alessia Birri
10 stelle

Un uomo, William Bill Foster, perde il lavoro al Dipartimento della Difesa americano, non per incapacità, ma perchè giudicato obsoleto. Perde la famiglia perchè la moglie chiede il divorzio, non per soprusi subiti, ma per una sommessa diffidenza verso di lui. Il mondo gli crolla addosso come un castello di carte, ma provoca in lui anche un sussulto di coscienza, un passaggio ad una consapevolezza superiore che, da individuo mediocre qual'era, dietro la maschera dell'impiegato in giacca e cravatta, lo trasfigura, facendo di lui un individuo al di là del bene e del male, mostrando a lui la reale follia della realtà che, dietro la coltre dell'abitudine, accettiamo passivamente: la proprietà privata, le ricchezze smisurate in mano a pochi, insignificanti individui, anche la follia di chi, apparentemente, si trova sul fronte opposto: le gang dei quartieri degradati, il neo nazista proprietario del negozio dove Foster è costretto a nascondersi; ma soprattutto l'orrore della banalità, delle piccole fissazioni puerili alle quali i "morti" che parlano, camminano, respirano....si attaccano ossessivamente. Tutti elementi che l'ormai "lucida follia" di William Foster non può più tollerare. William Foster non è un rambo, non è un supereroe, ma si circonda improvvisamente da un alone d'invulnerabilità che non proviene dalla sua forza fisica o dalle armi che porta nella valigetta (all'inizio era armato solo di una mazza da baseball con la quale diede il benservito ai teppisti che lo provocarono), ma dalla sua consapevolezza che gli permette di non considerare più come "persone" coloro che gli sbarrano la strada verso casa, ma come grotteschi "burattini", semplici componenti inanimati di un enorme ingranaggio, che perciò non assurgono alla dignità di "nemici", ma di semplici elementi di disturbo da debellare; non esistono più le "persone", solo la consapevolezza di essere circondato da esseri futili e inutili che credono di esistere. E, sollevato il velo delle illusioni, acquista una forza inarrestabile. Infatti queste sono le affermazioni di William Foster: "Io cerco soltanto di arrivare a casa per la festa di mia figlia, e se nessuno si metterà sulla mia strada, nessuno si farà del male". "Ho superato il punto di non ritorno. Sai qual è? È il punto in cui, in un viaggio, è più conveniente proseguire che tornare indietro". La presa di coscienza non ti permette di regredire, di fare ritorno alla condizione precedente. Ed è così che il viaggio verso casa, verso la figlia, di quest'uomo si trasforma in un viaggio iniziatico, simile a quello di Ulisse, nel quale i mostri che gli impediscono di proseguire non sono costituiti da elementi estranei ed insoliti, ma dalla consuetudine, dalla normalità; ed è lì che si nasconde l'orrore della situazione dalla quale William Foster desidera affrancarsi, verso un ritorno all'essenzialità, alla propria realtà immutabile personificata dall'incontro con la propria figlia, il luogo dell'origine. Solo quando perdi la speranza puoi trovare te stesso.

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