Espandi menu
cerca
Un giorno di ordinaria follia

Regia di Joel Schumacher vedi scheda film

Recensioni

L'autore

GARIBALDI1975

GARIBALDI1975

Iscritto dal 23 novembre 2012 Vai al suo profilo
  • Seguaci 145
  • Post 3
  • Recensioni 654
  • Playlist 27
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Un giorno di ordinaria follia

di GARIBALDI1975
10 stelle

Attualissimo. Sono passati 20 anni dall'uscita di questo film, che rimane oggi più moderno che mai. Non è la follia, come pazzia, malattia mentale, che spinge Bill Foster (Michael Douglas) a fare quello che fa. E' la vita e null'altro, purtroppo. E' un ingegnere, ex-dipendente licenziato di una grande industria che lavora per il Ministero della Difesa U.S.A. Ogni prospettiva di vita sembra implodere per Bill Foster, tutte in un giorno.

 

Il calore nel traffico vorticoso di Los Angeles è come tanti aculei che pungono e fanno sudare la testa di Bill Foster, intrappolato nel traffico, circondato da estranei e dai gas di scarico. Fa troppo caldo e le auto non si muovono.

 

Foster esce dall'auto e cammina nell'inferno che c'è fuori. Vaga attraverso l'autostrada, attraversa un punto erboso, selvaggio e sporco. "Sto andando a casa," dice. Ma lui non ha una casa. Vive con la madre in una abitazione ammuffita, dove le finestre non vengono mai aperte. 

 Un Giorno Di Ordinaria Follia

Beth (Barbara Hershey)  è la ex moglie di Bill, abita vicino al molo in un piccolo bungalow insieme alla sua piccola Adele. Bill non può andare lì, nella sua ex casa, non può vedere la figlia e la moglie. Un giudice ha emesso un ordine restrittivo nei suoi confronti . "Lui ha questo carattere orrendo", dice Beth. Lei ha la pelle tesa dallo stress, i denti stretti, come le labbra. Sobbalza quando il telefono squilla. Cerca di rifarsi una nuova vita per sé e Adele, ma Bill è sempre lì nella sua testa. Beth è forse una donna che ha subito per troppo tempo la pressione psicologica del marito ed anche se quest'ultimo non è più con lei, questa pressione persiste e stressa.

 

Bill Foster è l'uomo di mezza età che impazzisce nel traffico della città, è l'evocazione della nevrosi aziendale, è eccesso, obsolescenza, rovina, spazzatura. Si lavora tutta la vita, incatenati nel sistema aziendale e poi quando il sistema decade ed implode su stesso, tu dipendente non sei più nulla, come mai sei stato, sei immondizia, o meno, sei la defecazione della società, diventi invisibile, sei i resti triturati di codici di qualità e di standard statistici, sei la prova vivente che il fallimento ha una voce e la voce ti dice: "Io sono il cattivo? Come è successo? Ho fatto tutto quello che mi è stato detto di fare".

 

 

Il film si snoda nella giungla di una metropoli tentacolare, dove le band etniche hanno armi potentissime a disposizione, dove i veterani emaciati del Vietnam sono dei disadattati che portano nei parchi pubblici cartelli con scritto: "sto morendo di AIDS ti prega AIUTAMI", dove le mazze da baseball non vengono mai utilizzate per lo sport, in cui il razzismo prospera e dove la vita è priva di valori, dove anche la resurrezione dei morti passerebbe inosservata.

 

 

Bill Foster non è pazzo. Distrugge un negozio coreano perché ha i prezzi troppo alti. Terrorizza gli avventori di un emporio di fast-food con un kalashnikov, perché il menù della colazione è ordinabile fino alle 11:30; sono le 11:32 e lui non vuole il pranzo, ma possono dargli solo quello, due minuti prima gli avrebbero dato la colazione. L'uomo diventa una mina vagante. Farebbe di tutto per fare ciò che vuole; ma tutto quello che vuole è tornare a casa e stare con la sua famiglia per il compleanno della sua bambina. 

 

 

 Joel Schumacher costruisce il suo film attorno alla carcassa di una società che ha mangiato le sue viscere. Foster è visto da lontano come una figura solitaria in paesaggi urbani, troppo brutalizzato dalla povertà per comprendere il significato della parola 'innocenza'. Lui è solo e letale. Un uomo in camicia bianca e cravatta, taglio di capelli squadrato, ma armato sempre più, ogni volta che c'è un fortuito incontro.

 

 

Parallelamente al racconto di Bill Foster, c'è la storia di Prendergast (Robert Duvall), che si svolge nel quartiere generale della polizia. Lui è un detective 'da scrivania' al suo ultimo giorno di servizio, con una moglie nevrotica a casa e un incerto futuro da pensionato. Ovviamente Foster e il detective Prendergast sono destinati a confrontarsi tra loro, ma prima che questo accada, i personaggi devono essere scolpiti nella mente dello spettatore e i gradi di disillusione condivisi con il pubblico.

 

 

Ottime interpretazioni di Robert Duvall, eccezionale, ma mi ha meravigliato positivamente anche Micheal Douglas, che non amo molto come attore. La sua interpretazione di Foster è niente meno che stupefacente. 

 

Il film è quasi tutto in esterna. L'immagine di Foster come un mercenario dal colletto bianco si confronta con la degradazione dello spirito umano, come espresso dal 'deserto architettonico' in una città che si sveglia da un sonno.

Il regista Schumacher presenta Los Angeles come un asilo soffocante infestato da bambini urlanti,  come un tosta pane che frigge la psiche dei suoi cittadini.

Ottimo film e non aggiungo altro.

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati