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Un giorno di ordinaria follia

Regia di Joel Schumacher vedi scheda film

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La recensione su Un giorno di ordinaria follia

di Kurtisonic
6 stelle

Due uomini al capolinea. Uno, Prendergast, è un poliziotto al suo ultimo giorno di lavoro prima della pensione anticipata, da tempo sta dietro ad una scrivania, non è più operativo su richiesta della moglie frustrata. Bill invece ha appena perso il lavoro, l’ultimo appiglio che gli garantiva una sufficiente stabilità psichica, anche lui ha una moglie, una figlia, su ordine del giudice deve però stargli a distanza, ha un carattere violento, una personalità borderline  nascosta dalle apparenze dell’uomo comune. Joel Shumacher  tratteggia similitudini ed elementi complementari che avvicinano i due personaggi all’apparenza opposti ma indirizzati verso un comune senso liberatorio della propria esistenza. Entrambi fedeli agli ideali americani di patria, famiglia, giustizia, fede nel lavoro, tutti e due non hanno contatti con la realtà circostante. Prendergast vegeta fra le scartoffie, Bill non ha altro riferimento che lo spazio chiuso della sua auto, che nell’apertura del film, bloccato nel traffico dovrà abbandonare. Quello che sarà un percorso di presa di coscienza della propria vita e delle scelte collegate ad essa, il poliziotto lo intraprenderà attraverso l’abbandono delle proprie difese interne, disarmandosi, cioè progressivamente ragionando e confidandosi con la collega più giovane che lo coinvolgerà nella ricerca di Bill. Il delirante ritorno verso quella che un tempo era la sua casa, invece per lui sarà costellato da un crescendo di gesti violenti che salgono di intensità proporzionalmente alla constatazione della solitudine e della distanza dalla realtà in cui si trova. Descrivendo diverse situazioni  abbastanza classiche del degrado metropolitano, Shumacher è stato accusato di strizzare un po’ l’occhio ad un qualunquistico senso di giustizia individuale, incarnato dagli atti di Bill, ma in realtà anche nelle scene più drammatiche, se mantiene anche qualche particolare ironico, non sorvola mai sbrigativamente sulle efferatezze dell’uomo, ne mostra le conseguenze e senza alcun compiacimento, così il personaggio non gode di nessun tipo di giustificazione. Interpretato molto bene da R.Duvall (il poliziotto) e soprattutto da M.Douglas (Bill),il film si mantiene su buoni livelli di tensione e nonostante il tipico finale all’americana, porta a riflettere sulle nevrosi della civiltà moderna, ai suoi ritmi  e al deterioramento dei rapporti umani che ne consegue. Bill viene raffigurato come il classico impiegato in camicia e cravatta, un particolare che il regista sottolinea per identificare le sue mosse, è un richiamo al vestito superficiale della normalità che talvolta cela tensioni represse in attesa di uno sfogo. Prendergast invece come un vecchio sceriffo, si ricorderà dei buoni tempi andati e sarà costretto ad entrare in azione, mostrando  paternalisticamente il volto saggio e un  po’ ipocrita dell’America, dimostrando in fondo che questa società a pezzi ha bisogno di mostrare qualche cosa di buono e non di nascondersi dietro il palcoscenico principale. Perché il giorno di ordinaria follia è dietro l’angolo, 365 giorni all’anno. 

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