Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Il plot è più da giallo d'investigazione che da horror, e credo che il precedente "La Casa dalle Finestre che Ridono" convinca di più riguardo atmosfera e suggestioni. Lo stesso regista ammette che "La Casa..." è un film di atmosfera, mentre "Zeder" è più un film di eventi. Infatti basta spulciarlo per bene e cosa troviamo: pedinamenti con effetto a sorpresa; morti che ritornano, sia come cadaveri che rispuntano che come morti redivivi; colpi di scena che spingono avanti la storia aumentandone il mistero. La lezione, prima baviana e poi argentiana, sul thriller-horror ha giustamente creato un seguito altalenante tra il riuscito e il fallito. Il film di Avati è uno di quelli riusciti, e lo è grazie a quel cupo ritmo musicale, si potrebbe dire, che accompagna, o meglio spinge e comanda il protagonista Lavia verso la soluzione del mistero (anch'egli uno scrittore come diversi protagonisti di Argento). Gabriele Lavia evidenzia limpidamente l'attrazione del suo personaggio per l'irrazionale, per l'oscuro e l'enigmatico, quasi a preferirlo all'amore solare e sessuale della sua ragazza. Quasi una droga, una sirena omerica che trascina senza coscienza il nostro Ulisse anche verso anche l'autodistruzione. In più l'idea di monotorizzare continuamente il momento del dopo-morte, a parte anticipare la morbosità vouyeurista dei Grandi Fratelli, è per stessa ammissione di Pupi Avati un'idea della sua parte più malata, che voleva indagare con curiosità un momento culturalmente tabù. Credo vi sia riuscito in parte, perchè avrebbe secondo me dovuto osare di più in termini di "visibile". Ciò non toglie che "Zeder" rimane uno dei pochi horror extra-argentiani di sicura presa e di impeccabili forma e stile.
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