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Bersagli

Regia di Peter Bogdanovich vedi scheda film

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Raffaele92

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La recensione su Bersagli

di Raffaele92
8 stelle

Un’opera da manuale. Bellissimo già dai titoli di testa (geniali nella loro essenza fuorviante), che mettono il cinema (come tematica e discorso portante) in primo piano.

Una riflessione profonda sul valore e i mutamenti avvenuti nella Settima Arte, nonché l’interpretazione più importante e memorabile di Boris Karloff dopo i capolavori horror della Universal.

Con “Bersagli”, Peter Bogdanovich ci comunica che oggi (nel 1968, ma il discorso vale ancora adesso) non sono più i film dell’orrore a spaventare (come sostiene Karloff, che nel film interpreta una sorta di alter ego di sé stesso), ma è la realtà a far davvero paura.

La follia del protagonista proviene dritta dritta dal trauma subito dagli Stati Uniti a causa della guerra nel Vitenam, e si fa testimone dell’ascesa di una nuova società fondata prima di tutto sulla violenza e sull’esaltazione della stessa (i fucili sulle pareti delle case come fossero un trofeo da idolatrare).

In un paese dove chiunque può prendere in mano un fucile di precisione e sparare a chi gli capiti a tiro (i bersagli del titolo), a far davvero paura non sono più film come “La vergine di cera” (proiettato nel cinema nel finale del film), e il grande attore in questione ha intuito che il suo ruolo sta definitivamente tramontando. La sua conseguente scelta di ritirarsi dalla scena dà a tutto il film un tono crepuscolare e quasi nostalgico.

Per quanto riguarda la storia di Bobby, assistiamo alla lenta ascesa di una violenza muta e sorda che esplode in tutta la sua terrificante potenza nell’ambito domestico, come un male insidioso e inafferrabile (la sequenza terrificante dove Bobby fuma una sigaretta a letto immerso nell’ombra ci ricorda che la sua furia può scatenarsi da un momento all’altro).

La scena cruciale del film (da considerarsi una tra le portanti degli anni ’60, se non addirittura del cinema tutto) vede il ragazzo appostarsi in cima a un gasometro e mettersi a sparare alle persone nelle auto: chiunque abbia un minimo di lungimiranza e di cognizione storica non può non riconoscervi un chiarissimo riferimento all’omicidio di Kennedy. Tanto che, piuttosto che di fronte ad una fiction, ci sembra quasi di (ri)vedere il filmato Zapruder; una sequenza che quindi non può non impressionare o lasciare indifferenti.

Altra sequenza straordinaria è quella antecedente la cattura di Bobby dove questi, vedendo Boris Karloff avanzare verso di lui nella realtà e (contemporaneamente) nel film di Corman proiettato in quel momento, si mette a sparare prima allo schermo, poi all’attore in carne ed ossa. Mai prima d’ora (e neppure dopo) il rapporto sottile e precario tra cinema e vita, realtà e finzione, è stato delineato in modo così efficace.

Ultima (ma non ultima) scena memorabile è quella che accompagna i titoli di coda, dove il parcheggio del drive in, spoglio e deserto, richiama in modo inequivocabile l’immagine del cimitero nazionale di Arlington.

A tutto ciò va aggiunta poi una perfezione e pulizia stilistiche e formali degne dei più grandi maestri.

Un’opera che in solo un’ora e ventisei minuti contiene più spunti di riflessione e idee della gran parte delle pellicole in circolazione (allora come adesso).

Un cult irrinunciabile, ricchissimo di idee e spunti di riflessione, da vedere a tutti i costi.

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