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Dopo l'amore

Regia di Joachim Lafosse vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Dopo l'amore

di Baliverna
8 stelle

Una coppia logorata con due figlie si avvia alla separazione, ma il cammino è molto doloroso per tutti.

Mi ha convinto questo ritratto di una coppia in crisi. Tutto mi è sembrato molto vero e realistico, e soprattutto dolente. Il cinismo, infatti, rimane estraneo a quest'opera: dall'inizio alla fine le immagini trasudano di dolore, di rimpianti, di speranza frustrate e di sensi di colpa. Lo spettatore soffre con i personaggi, specie con le bambine.

A fare le spese della crisi – che sembra partire dalla moglie – sono, oltre la coppia stessa, le due figlie, che non comprendono, e soffrono per la lacerazione interiore alla quale sono sottoposte. Anche quando sembra che, dopo tutto, la prendano alla leggera o abbiano già metabolizzato, ecco che una di loro fa vedere a tutti che non così non è.

Una piccola scena, che mi è sembrata ottima, è la visita degli usurai e il dialogo con loro nel giardino della casa: ripresa da dietro i vetri e senza sonoro, grazie a buoni attori ed una regia attenta ai dettagli, riceviamo in pochi secondi una serie di informazioni che ci fanno ricostruire una buona parte della vita dell'uomo, finito nelle fauci degli strozzini.

Il marito tenta di recuperare la situazione, prende tempo, cerca scuse per stare insieme. Lei, però, punta i piedi, e confida agli amici (comuni) di non sopportarlo più, senza neppure saper dare le ragioni. E' interessante che non emerga una causa concreta per la rottura, se non questa forte antipatia sopraggiunta. A proposito, l'episodio della cena, in cui lei esterna il suo astio, è proprio ben girato, anche perché rende tangibile l'imbarazzo di tutti, come pure la loro impotenza davanti a ciò che sta succedendo.

Se l'uomo tenta un difficile recupero, anche sotto l'avversione e la determinazione della moglie è ravvisabile una vaga consapevolezza che così non sia giusto, che stiano sbagliando tutto, che debbano fermarsi. Il che si vede bene alla fine, quando entrambi tentennano smarriti, pur dopo aver a lungo preparato quel momento maledetto.

La regia punta molto sugli attori, sui dialoghi e sulle situazioni, che lasciano intravvedere più di quel che non dicano. Tecnicamente, la regia è invisibile o quasi: macchina da presa poco mobile, niente vezzi tecnici, ed ambientazione quasi interamente in interni. Si sentono echi di Cassavetes, di Sautet e forse di Woody Allen, La sceneggiatura e i dialoghi sono sicuramente riusciti, e suggeriscono essere non inventati, ma autobiografici.

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