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La voce della luna

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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Utente rimosso (signor joshua)

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La recensione su La voce della luna

di Utente rimosso (signor joshua)
8 stelle

Un piccolo regalo prima della fine, ecco che cos'è La voce della luna, opera tutt'altro che minore per il regista riminese. Tutta la vita viene riassunta in un giorno ed in due notti di delirio, calmo e tranquillo, il primo acceso dalla luce del Sole, bruciante, viva, che rende energia agli uomini, e le seconde, illuminate da un candore troppo importante per poter essere compreso da tutti: la Luna, il simbolo per eccellenza della pazzia. È per questo che hai due “lunatici” che percorrono tutto il film con la loro filosofia di vita distorta, piace vivere di notte: dopo la confusione del giorno, dopo che il Sole ha bruciato tutta la sua forza, consumando la vita delle persone, la notte è il primo momento in cui c'è pace, ed in cui si può cercare consiglio. Non può esistere metafora più efficace sulla vita, già riproposta anche in altre occasioni, ma difficilmente con una simile passione, e non si fatica a capire il perché, dato che si tratta dell'ultimo di un regista importante come Fellini. È lui Benigni, ed è lui anche Villaggio, il primo cacciato dai suoi familiari perché ritenuto folle, che cerca consiglio nella notte e nelle profondità dei pozzi, perché è l'unico momento della giornata che gli è rimasto per poter riflettere su se stesso, il secondo, invece, ripudiato dalla società, sbeffeggiato dai suoi amici, senza nessuno per scelta, ed osservatore di un mondo che sta irrimediabilmente cambiando in peggio (la notte che porta consigli, si è trasformato nella casa dei drogati, degli assassini e della morte di tutto). Per tutto il tempo si assiste ad un disfacimento esistenziale che non lascia scampo, tutti i protagonisti si sentono la vita che scivola loro dalle mani, e non sanno come fare per potersela tenere ancora, per poco magari, ma ancora, per poter avere ancora una notte da poter utilizzare per poter cercare la verità, ma la verità su cosa poi? Sulla vita, sulla morte, sull'aldilà (Benigni ad ogni occasione è alla ricerca di un passaggio per l'altra parte per poter vedere cosa attende le persone che muoiono, o se c'è la possibilità di parlare loro, da vivi), su tutto. E Villaggio invece, comprende che quando si è giunti al tramonto, non si può far altro che accettare la sconfitta, guardarsi indietro e chiedersi “e se io avessi fatto qualcosa di diverso?”, e non ottenere una risposta, rifugiarsi quindi nella pazzia, vedendo tutto il mondo come un nemico, come un grande circo di illusioni che va va avanti da sempre, per far che poi? È questa la domanda che assilla tutti, finché poi, non ci si stanca di chiedercelo, o si ha paura di continuare a porci domande che non possono avere alcun tipo di risposta, coerente. E Fellini prende di petto tutto questo, si guarda davanti, e ciò che vede, è un cimitero, e lo spaventa? Certo, come spaventerebbe chiunque, ma non indugia neanche un attimo a mostrarlo, ed a porsi domande come “dov'è che va a finire la musica?” ed altre riflessioni nostalgiche, che non portano alcun tipo di consolazione, anzi, riflettono ancor più lo stato d'animo terribilmente solo degli uomini che lo vivono. Per questo si cercano risposte, per questo gli uomini catturano la Luna e tentano di strapparle i segreti del mondo, sparando, facendo baccano, distruggendo tutto, e scatenando risse, e Benigni si rende conto che, forse, il mistero salterebbe fuori se, trovandocelo davanti, si avesse il coraggio di fare silenzio, ed è questo che segue l'ultima inquadratura della storia Felliniana: un grande, unico, silenzio di morte. Un'opera gravemente sottovalutata, divertente nella sua profonda amarezza, pervasa da un'inquietudine che lascia il segno, con due protagonisti (volutamente in vesti inusuali per loro) straordinari, ed un'ambientazione (chiaramente nelle vicinanze di Rimini) nostalgica e spirituale. Mica male come conclusione di una carriera e di una vita.

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