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Paradise

Regia di Sina Ataeian Dena vedi scheda film

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La recensione su Paradise

di alan smithee
6 stelle

68° FESTIVAL DI LOCARNO - CONCORSO


MA DAR BEHESHT (titolo internazionale PARADISE), è il primo film di fiction del regista iraniano SINA ATAEIAN DENA, e il primo di una trilogia pensata dal cineasta come una celebrazione ed una rappresentazione della violenza nel mondo che ci circonda.

Senza alcun permesso ufficiale, e quindi clandestinamente alla maniera di Panahi o comunque con lo stesso schema coraggioso ed intransigente di lavoro, il regista ci presenta la storia di una giovane maestra venticinquenne a cui hanno appena assegnato una cattedra in un quartiere popolare e povero molto distante dalla sua dimora: circostanza che la costringe ad un lungo sfiancante pellegrinaggio quotidiano, stressandola e facendole accumulare tristezza che la riduce ad uno stato esistenziale precario, piegato per di più, o ancora succube, di un grave lutto familiare: ella infatti ha di recente perso entrambi i genitori, circostanza drammatica che le ha impedito pure di convolare a nozze, mettendola nella situazione imbarazzante di zitella in un'età in cui tutte le sue coetanee si trovano già parte di una famiglia nascente o in via di definizione.

Dorna Dibaj

Paradise (2015): Dorna Dibaj

Le richieste di trasferimento rimangono bloccate dalla immobile macchina burocratica che muove l'organizzazione statale iraniana, e la frustrazione della giovane Hanieh (questo il suo nome) diviene quasi un incubo, che le disegna sul volto un'espressione di perenne delusione e per nulla velata tristezza.

Ma quando nella scuola elementare in cui la maestra insegna, un numero sempre più alto di ragazzine svanisce nel nulla, la giovane capisce che il suo è in realtà solo un capriccio in confronto alle drammatiche incognite che si celano dietro queste misteriose sparizioni, attribuibili probabilmente all'azione di un insospettabile maniaco attratto morbosamente dal candore delle giovani creature.

Dorna Dibaj

Paradise (2015): Dorna Dibaj

Il film ha il pregio di intrattenerci con scorci metropolitani ed inquadrature proiettate sul volto della protagonista che risultano molto efficaci e sin accattivanti, come la ripresa del viso grazioso ed occhialuto di Hanieh visto attraverso l'acquario esposto nella vetrina di un negozio di fronte al quale la ragazza passa ogni giorno, intrattenendosi in quel paesaggio marino limitato ma dall'atmosfera protettiva che le produce probabilmente un effetto protettivo e rivitalizzante, come a catapultarla per qualche sereno istante in un altro pianeta, utile a dimenticare affanni e piccole grandi tragedie quotidiane.

Manca un po' lo sviluppo inerente le sparizioni, che dovrebbe essere coerentemente il traino portante del film, che invece risulta risucchiato troppo ossessivamente nella quotidianità grigia e oppressa di una protagonista involontariamente e sommessamente troppo invadente.

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