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Ossessione

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ossessione

di hallorann
10 stelle

1942, anno ventesimo dell’era fascista di Benito Mussolini, l’Italia è in guerra da due anni, il nobile comunista Luchino Visconti, ex assistente alla regia di Jean Renoir, debutta sul grande schermo con OSSESSIONE, tratto da IL POSTINO SUONA SEMPRE DUE VOLTE di James Cain, scrittore americano proibito dal regime.

 

Gino è un vagabondo che per caso si ferma in una stazione di servizio-locanda, con fare spavaldo si introduce nella cucina attirato da una voce di donna, tra i due è passione al primo sguardo. La giovane donna è avvenente e sposa insoddisfatta del padrone, un omone violento e amante del bel canto, dopo una scaramuccia iniziale il giovane diventa suo amico e aiutante. Gino e Giovanna, travolti dall’irrazionalità dei sensi decidono di uccidere il terzo incomodo, ma al contrario di quanto ipotizzato sarà il principio di guai e di una tragica conclusione.

 

Folgorante esordio di Visconti, il quale coadiuvato in sceneggiatura da G.De Santis, M.Alicata, G.Puccini e A.Pietrangeli si disinteressò delle rigide convenzioni fasciste e dei cosiddetti “telefoni bianchi” (il genere in voga in quegli anni) per firmare il capostipite del neorealismo che con Rossellini e De Sica illuminò la nostra cinematografia. OSSESSIONE fu una pellicola audace e scandalosa per l’epoca che ancora oggi sprigiona sensualità nei corpi, nei gesti e nelle espressioni delle due giovani star dell’epoca Massimo Girotti e Clara Calamai (costretti dal trentaseienne e già severissimo regista a dare il massimo). Il celebre motto clericalfascista Dio, Patria e Famiglia venne spedito in soffitta da Visconti, gli stilemi calligrafici e anestetizzati del periodo soppiantati da uno stile teso, nero e sostanzialmente nuovo e rivoluzionario anche nei movimenti di macchina (primi piani, piani americani, campi lunghi, gru etc.), modernissimo tuttora. Innovativo e appunto neorealista nei temi perché osava raccontare squallore e insofferenze esistenziali di provincia, povertà materiali e morali, l’adulterio, l’istinto nomade e il machismo vuoto di Gino, il maschilismo repressivo del marito (il bravissimo Juan De Landa doppiato da Gino Cervi), la frustrazione e l’erotismo recondito e diabolico di Giovanna. In pratica tutto ciò che era ritenuto tabù per la censura littoria. In seguito Visconti diventò un grande regista di teatro e dopo LA TERRA TREMA e BELLISSIMA passò a un cinema letterario e sontuoso, melodrammatico e per la legge del contrappasso calligrafico (SENSO, ROCCO E I SUOI FRATELLI, IL GATTOPARDO, LA CADUTA DEGLI DEI…), non sempre compiuto come i tre capolavori girati tra il ’42 e il ’51.

 

 

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