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Risorto

Regia di Kevin Reynolds vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Risorto

di alan smithee
6 stelle

L'indagine umana su un mistero a cui non si addicono spiegazioni terrene, diviene il fulcro di una nuova,ma almeno a tratti originale, rappresentazione del sacrificio più noto,celebrato e mistificato della storia umana. Kevin Reynolds in regia assicura, specie nella valida prima parte, una buona tensione ed una angolazione interessante di racconto.

Kevin Reynolds è un regista troppo interessante e discontinuo per rischiare di passare inosservato ogni volta che si ripresenta con una nuova opera narrativa.

Lui che è stato autore di film cult (Belva di guerra), o generazionali (Fandango), e che ha assaporato la cresta dell'onda con filmetti davvero insipidi se non insulsi, ma di grande successo (Robon Hood su tutti, davvero mediocre), prendendosi anche una certa rivincita, non solo morale, su chi pronosticava il fallimento del secolo in relazione al suo colossal "scult" Waterworld, costato uno sproposito, ma in fondo almeno in parte rientrato nelle spese dopo gli incassi goduti.

Nel mezzo qualche film in costume innocuo o deludente (rispettivamente Montecristo e Tristano ed Isotta), ed altre opere non proprio indimenticabili.

Impegnato qui nel classico film in costume, veniamo assaliti da curiosità per l'autore, ma anche da un certo timore dopo che gli ultimi peplum o "sandaloni", anche diretti da grandi nomi (Ridley Scott su tutti), accusavano una certa ridondanza nei dialoghi iper-moderni e fuori luogo, e scene di massa e vedute aeree di campi di battaglia, città o porti completamente ricostruiti dalle avveniristiche tecniche della grafica computerizzata che moltiplica, allarga, ingrandisce, trasforma....e meraviglia, ma sino ad un certo punto, magari ai primi tempi, quelli del Gladitore, ma ora, se lasciata incontrollata a spadroneggiare intere scene di massa, finisce per banalizzare contesti e circostanze.

Qui, per fortuna, tutto ciò non accade, almeno fino ad un certo punto, e il film, che invece riporta una valida ed accurata ambientazione, si giova, specialmente nella prima incalzante parte, di dialoghi accettabili e di una indagine sul più noto dei misteri dell'umanità che diviene quasi attanagliante. E mostra scene di battaglia con le strategie militari romane dirette con cura e senza troppo effettacci fuorvianti ed irrealistici, accentuando il lato marziale ed organizzativo, quindi prettamente tattico, dell'assetto da guerra tipico dell'esercito romano.

Dal momento della crocifissione di Cristo, accusato di blasfemia e di raggiro nei confronti delle masse, seguiamo l'incarico ricevuto direttamente da Pilato da parte del tribuno  militare Clavius, di far deporre il cadavere del condannato e consentire che questo venga affidato alle cure dei familiari, anziché gettato nella fossa comune riservata ai ladri e ad altri fuorilegge.

Questo incarico burocratico, che scuote nell'animo il valido soldato solo per la barbarie con cui viene perpetrata l'uccisione lenta e disumana, si risolverebbe in un lavoro più di tipo burocratico e di gestione che altro. Non fosse che dopo tre giorni il sepolcro di colui che da molti veniva definito Il Messia, viene ritrovato scoperchiato, ed il cadavere del condannato risulta sparito.

Incaricato immediatamente di seguire le indagini, onde evitare sommosse popolari pericolose per quella regione, in attesa di una imminente visita dell'imperatore romano, Clavius e il suo giovane assistente Lucius, vengono coinvolti di persona in una vera e propria straordinaria avventura interiore, in grado, soprattutto nell'animo sensibile e turbato del primo, di condurlo vicino alla verità e alla conversione.

Tutta la dinamica prima parte, forte di una concitata investigazione inevitabilmente troppo "terrena" per potersi addentrare efficacemente sui misteri di qualcosa che non ha nulla di terreno se non la materializzazione umana del Cristo, è raccontata piuttosto bene, e il sospetto di inciampare in dialoghi o situazioni fuoriluogo tipiche dei sin troppo dilaganti fumettoni televisivi da periodo pasquale, viene fugato quasi in ogni occasione.

Certo poi Reynold ed il suo sceneggiatore Aiello si perdono un pò troppo, nel finale insistito e retorico, su una figura del Cristo che invece inizialmente, pur essendo al centro di ogni avvenimento, riusciva a tenersene saggiamente al di fuori, come contorno necessario ma sfocato; col risultato di svilire nettamente molto del buono costruito nella valida prima parte, e rimettendo al centro la figura del Messia risorto che risulta, anche a causa della complessità della sua vera natura, eccessivamente semplicistica e banalizzata da buonismo facilone.

Il film ha dalla sua un valido e ritrovato Joseph Fiennes, fisicamente in forma e muscolare tanto da far pensare che per lui il tempo non sia trascorso, qui anche motivato e in grado di darci una buona prova dopo qualche anno trascorso, almeno cinematograficamente, un pò in sordina.

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