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Vivere e morire a Los Angeles

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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La recensione su Vivere e morire a Los Angeles

di maso
8 stelle

 

Ennesima prova di carattere del grande Billy Friedkin, che torna a descrivere con il suo taglio realistico inimitabile una coppia di sbirri e la loro vitaccia messa a confronto con quella sul filo del rasoio ma molto più remunerativa del malvivente di turno.

Tantissima carne al fuoco in questo film, in primo luogo Los Angeles, troppo spesso descritta come una città dalle mille bellezze, in realtà dalle testimonianze di alcuni miei conoscenti e dall'immagine che ne da Friedkin "La città degli angeli" è uno sterminato agglomerato urbano, disomogeneo, per niente elegante e le molte inquadrature panoramiche annettono in lontananza la ferraglia delle raffinerie, delle gru ciondolanti del porto, della ferrovia tentacolare ma anche il cemento opaco dei viadotti, dell'architettura asettica dei capannoni e delle abitazioni dove si muovono i tanti personaggi ben descritti nella storia.

L.A. è un concentrato di umanità alle prese con attività illecite e artistiche, tanto che rivedendolo a posteriori potrei dire che ha degli agganci diretti con altri due film in cui è la location unica e mi riferisco a "Crash - Contatto fisico" e "Il Grande Lebowsky": con il primo condivide la descrizione più o meno approfondita delle molte etnie che la popolano, a cominciare dal terrorista mediorientale che illumina il film prima dei credits iniziali, passando per l'inserviente cinese nell'appartamento dove Chance e Vukovic tengono d’occhio un sospettato fino agli immancabili afroamericani violenti e inaffidabili, con il secondo condivide in maniera più marcata l’innegabile valenza artistica e culturale della città, rimane negli occhi l’appartamento pieno di dipinti dell’artista paraplegico a cui Vukovic fa visita e la rappresentazione teatrale in cui recita Debra Feuer, la compagna del personaggio più interessante del film, il falsario pittore senza scrupoli Rick Masters.         

La caratterizzazione del ricercato spacciatore e produttore di banconote false è affidata ad un ottimo Willem Defoe, che lo rende inquietante ed intimidatorio nei confronti dei suoi avversari ma anche dei suoi collaboratori, viene automatico un raffronto con il trafficante di eroina incarnato da Fernando Rey in “The French Connection”: entrambi godono delle ricchezze dei loro loschi traffici visto che Masters si aggira con una scintillante Ferrari nera tra gli intellettuali della Los Angeles da bere e gentaccia dei bassi fondi, a loro fornisce una grossa quantità di pezzi falsi in cambio di una percentuale inferiore di dollari veri, all’antitesi della sua sfrontata cattiveria si staglia la figura dello sbirro onesto e ligio al dovere di William Petersen in grande forma atletica, lontano dalla pachidermica linea che lo caratterizza negli episodi di “CSI”.                             

Richard Chance è intenzionato a battere qualsiasi strada pur

di catturare Masters, con il quale ha un conto in sospeso personalissimo e i suoi metodi sempre meno ortodossi influenzano anche il nuovo compagno, l’agente Vukovic che nonostante tutto gli sarà fedele e amico seppur costretto a uscire dai limiti della legalità per causa sua, intorno a loro ruotano diversi personaggi ambigui tra cui spicca l’informatrice interpretata da Darlenne Fluegel, legata da una relazione sentimentale sottomessa con Chance al quale fornisce l’informazione chiave per portare avanti il suo piano di cattura. 

La forza di questo film sta soprattutto nel cinico realismo che lo caratterizza: si muore facile e un colpo di pistola ben assestato è sufficiente a stendere chiunque non come nella maggior parte dei ridicoli polizieschi americani in cui una pallottola in corpo ha il peso di un cappuccetto partito da una cerbottana, la sequenza della produzione del denaro falso è stata realizzata con la supervisione di due veri falsari che hanno dato indicazioni significative mentre venivano realmente contraffatte le banconote, lo spettacolare inseguimento in contromano è stato filmato esattamente come lo si vede nel montaggio tranne che per un particolare, l’unica auto ad andare nella direzione giusta è proprio quella dei due protagonisti mentre le altre procedono tutte in senso vietato ma il percorso compiuto dall’aeroporto fino al luogo in cui Vukovic vomita è esattamente quello che avrebbero fatto nella realtà; oltre a ciò c’è da sottolineare una sceneggiatura che perde ben pochi colpi fino al finale molto stuzzicante che non piaceva alla produzione, tanto è vero che ne fu girato uno alternativo in cui Chance e Vukovic vengono trasferiti ad Anchorage in un ufficio sperduto della gelida Alaska.                                        

Molto azzeccata è anche la martellante colonna sonora del gruppo pop elettronico Wang Chung.

 

William Friedkin

Potentissima come sempre, l'unica cosa che non mi soddisfa questa volta è la fotografia in qualche sequenza.

William Petersen

Forse la sua prova più significativa per il grande schermo

Willem Dafoe

Il migliore dell'intero cast

 

John Pankow

Bravo e adatto al ruolo di poliziotto non troppo abituato ad andare fuori dagli schemi

John Turturro

Personaggio sgradevole reso ottimamente

Debra Feuer

Un pò legnosa

Darlanne Fluegel

Non eccelsa ma comunque sensuale ed il sorriso finale esprime molto del suo personaggio.

 

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