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L'uomo con la macchina da presa

Regia di Dziga Vertov vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'uomo con la macchina da presa

di berkaal
9 stelle
Questo film è un quasi-documentario (alcune scene sono preparate) che racconta la vita quotidiana ad Odessa ed in altre città russe, l'interazione delle persone con le macchine, le peripezie dell'operatore Mikhail Kaufman (fratello del regista) per la realizzazione delle riprese e l'editing della pellicola da parte di Elizaveta Svilova, moglie del regista.
 
Il Film
"Il film L'Uomo Con La Macchina Da Presa rappresenta
una sperimentazione nella trasmissione cinematografica
di fenomeni visivi
senza l'uso di intertitoli
(un film senza intertitoli)
senza l'aiuto di un copione
(un film senza copione)
senza l'aiuto di un teatro
(un film senza attori, senza set, etc.)
Questo nuovo lavoro sperimentale di Kino-Glaz ha lo scopo di creare un linguaggio assoluto autenticamente internazionale di cinema - cinematografia assoluta - sulla base della sua completa separazione dal linguaggio del teatro e della letteratura."
 
Questo è il manifesto che appare all'inizio della pellicola, simile ad uno precedente che Dziga Vertov aveva scritto nel 1922, biasimando i film popolari che erano legati al teatro ed alla letteratura. In realtà, nonostante questa dichiarazione d'intenti radicale e purista, una notevole percentuale del materiale presente nella pellicola non è documentazione estemporanea ma è stato preparata, provata e riprovata, anche se di vera e propria interpretazione si può parlare solo nel caso della donna che si alza la mattina. Così, oltre al teatro, la pellicola è debitrice non solo nei confronti della fotografia, del cui linguaggio si serve soprattutto nelle riprese iniziali, ma anche della letteratura, dato che questa sperimentazione si concretizza in un movimento di cineasti, detti kino-oki, che produsse scritti e documenti di tipo letterario.
 
Il film ha un valore storico fondamentale, in quanto oltre a proporre un numero impressionante di tecniche che vengono qui presentate per la prima volta o sviluppate, come il Dutch Angle, i primissimi piani, lo split screen, il jump cut, i freeze frames, i tracking shots, lo stop motion, le sequenze accelerate o rallentate e la doppia esposizione, è seminale per essere il capostipite di linguaggi che porteranno poi alla candid camera o al "Blob" di Ghezzi.
 
Sconcertante e gradevolissima all'inizio, la narrazione nella seconda parte perde però d'impatto ed indugia in alcune ripetizioni o nella proposizione di trucchi che agli occhi di uno spettatore d'oggi sono di dubbio interesse. Il punto delicato sta appunto nella impossibilità di cogliere appieno la forza innovativa e dirompente delle immagini di questa pellicola per il pubblico di allora, basti pensare che il montaggio, quattro volte più veloce degli standard di quel tempo, creò problemi nella visione persino ad un critico cinematografico del New York Times.
 
Il film è muto, la proiezione veniva accompagnata nel 1929 dall'esecuzione di musica dal vivo. Sono state scritte moltissime colonne sonore, quattordici solo negli ultimi anni, delle quali la più apprezzata sembra essere quella di Michael Nyman. Personalmente ho visionato la versione della Cinematic Orchestra, che ho trovato molto felice in alcuni passaggi, ma un po' troppo di tendenza ed inadatta in altri. Il giudizio finale è comunque decisamente positivo.
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