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Taxi Teheran

Regia di Jafar Panahi vedi scheda film

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La recensione su Taxi Teheran

di alan smithee
9 stelle

 TAXI TEHERAN è l'ultima e nuovamente clandestina opera del cineasta più perseguitato e censurato al mondo: stiamo parlando dell'iraniano Jafar Panhai e della sua ultima, industriosa, a tratti geniale strategia per continuare a girare film in barba alle severe misure di sicurezza a cui il cineasta è da anni sottoposto, addirittura dopo un periodo di carcere duro. Un film dunque che, indipendentemente dai meriti oggettivi che si porta dietro, si è aggiudicato con pertinenza ed accortezza da parte della giuria l'Orso d'Oro all'ultimo Festival di Berlino.

Il regista assume per l'occasione i falsi panni di tassista e, caricando a bordo della sua autovettura una serie di persone lungo tutta una giornata, cattura e restituisce caratteri, personalità, storie e punti di vista riguardo ad una società oppressa dall'impossibilità di far valere le proprie opinioni, perché schiava di un regime assoluto che ne limita libertà e diritti inalienabili.

Una telecamera seminascosta e mobile apposta sul cruscotto, punta i volti dei passeggeri: alcuni parlano liberamente esprimendosi in merito a usi e costumi della società in cui vivono e li circonda, in particolare su aspetti legati al matrimonio e al divorzio in rapporto al differente e sperequato trattamento riservato ad uomini e a donne), altri riflettono su situazioni inerenti la salvaguardia di diritti che per l'occidente si considerano consolidati ed inalienabili; poi il regista, riconosciuto, carica a bordo un'attivista che si batte per la tutela di alcuni individui incriminati e reclusi per oltraggio al comune senso del pudore tra cui una ragazza imprigionata per aver assistito ad una partita di football, prerogativa tassativamente riservata ad un pubblico maschile.

Poi è la volta della piccola nipote del regista, che, macchina alla mano, confida allo zio che la maestra ha dato alla sua classe il compito di girare un piccolo film nell'arco del fine settimana, circoscrivendo alcune regole inviolabili, quasi un “dogma” che rispetti i dettami della legge coranica e del mondo islamico comunemente appannaggio del paese: condizioni che divengono una costrizione ed una minaccia alla libertà di espressione, come il geniale regista ci dimostrerà nel piccolo video che la bambina avrà occasione di girare mentre si trova ad aspettare lo zio, seduta nel sedile posteriore dell'auto, ed intenta a filmare un ragazzino povero che trova per terra dei soldi di una coppia di neo sposi, incitandolo quindi a restituirlo affinché il suo film possa avere un messaggio positivo, condizione necessaria e fondamentale tra i molti dettami previsti da quella forma di censura che si manifesta già dalle scuole inferiori.

Poi la realtà supera l'immaginazione quando i due, assentatisi un attimo, sono sottoposti ad uno scippo dell'auto e della annessa cinepresa.

Come a puntare il dito su un fenomeno concreto di criminalità che si abbatte sul già difficile mondo di chi ha il talento e la possibilità di documentare una grave situazione di disagio ed una vera e propria minaccia per la salvaguardia dei diritti basilari dell'esistenza umana, che è costretto a far fronte anche ad un problema concreto di micro-criminalità, altro tassello verso una deriva che ci comunica, dietro una parvenza di ironia e un clima quasi allegro o comunque volutamente rilassato, una visione davvero cupa per le sorti della democrazia in una regione del pianeta dove integralismo e oscurantismo stanno soffocando ogni più umano e sacrosanto sussulto di rivendicazione delle libertà di pensiero e di espressione.

Un piccolo film girato con nulla, ma potente e geniale, girato nello stile di “Dieci” del maestro dell'autore e più famoso autore iraniano Abbas Kiarostami, con cui tanto ha collaborato Panhai e dal quale il nostro ha saputo trarre le tecniche e la classe registica con cui, anche in condizioni di fatto impossibili, il cineasta riesce a incantarci e a farci riflettere in modo dirompente e, viste le drammatiche circostanze personali che lo affliggono ormai da anni, dopo reclusioni e l'attuale libertà vigilata, in grado di commuoverci e straziarci il cuore.

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