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Mission: Impossible - Rogue Nation

Regia di Christopher McQuarrie vedi scheda film

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La recensione su Mission: Impossible - Rogue Nation

di rickdeckard
7 stelle

Se non il migliore, tra tutti gli episodi usciti precedentemente è quello che meglio riesce a sintetizzare i canoni fondamentali di questo brand e a rielaborarli (quasi) perfettamente, sfruttando una formula ormai consolidata ma che, in questo caso, viene riproposta in maniera fresca e aggiornata. Un film moderno e old-style allo stesso tempo. 7,5

Come da regola, al quinto capitolo di una saga instancabile quanto il suo protagonista, la regia cambia ancora una volta: dopo autori del calibro di Brian De Palma, John Woo, J. J. Abrams e Brad Bird, subentra Christopher McQuarrie, sceneggiatore Premio Oscar de I soliti sospetti, fido collaboratore di Bryan Singer e regista di Tom Cruise in Jack Reacher – La prova decisiva, del 2012. Nonostante il nuovo arrivato non abbia una carriera paragonabile a quella degli illustri colleghi che lo hanno preceduto (ognuno dei quali, chi più chi meno, ha fatto la storia del cinema recente), il risultato di questo Rogue Nation è tutt’altro che scialbo o dimenticabile, anzi: se non addirittura il migliore, tra tutti gli episodi usciti precedentemente è quello che meglio riesce a sintetizzare i canoni fondamentali che contraddistinguono questo brand e a rielaborarli (quasi) perfettamente, sfruttando una formula ormai consolidata ma che, in questo caso, viene riproposta in maniera fresca e aggiornata. Un film, dunque, che è al contempo moderno nella realizzazione ma meravigliosamente old-style per i modelli a cui attinge: gustose citazioni al maestro Alfred Hithcock e riuscitissimi personaggi in stile 007 fanno da contorno a una trama che, purtroppo, risulta a tratti priva di particolari guizzi e leggermente sottotono, ma che comunque si lascia seguire con un certo piacere. Quello su cui McQuarrie è stato praticamente inappuntabile, invece, è inserire dei personaggi accattivanti e verosimili in un contesto che, come ormai è noto, verosimile non è (e né tanto meno vuole esserlo). In particolare, oltre ai comprimari “storici” (sempre irresistibili Ving Rhames e Simon Pegg nei panni dei rispettivi personaggi), a folgorare letteralmente lo spettatore è la coprotagonista Ilsa Faust, interpretata da una misteriosa e conturbante Rebecca Ferguson. Un personaggio ambiguo e molto intrigante, degna controparte femminile di Hunt/Cruise (a cui occasionalmente ruba anche la scena), che introduce un discorso inedito per la saga: l’infallibilità di questi super-agenti quando sono in azione contrapposta alla loro vulnerabilità di fronte a dei governi che li manipolano come burattini, abbandonandoli e disconoscendoli se necessario e pronti a giustificare il tutto con un mero "è lavoro, senza rancori". Per la prima volta, i nostri eroi sono messi in una posizione difficile, in cui ci vuole un attimo per passare dalla parte sbagliata. Ed è qui che si capisce il senso del nuovo villain, interpretato da un bravo Sean Harris, ex-spia britannica divenuta poi uno spietato terrorista, che ha messo in dubbio la moralità in cui credeva quando ha constatato che i primi a non rispettarla (secondo lui) erano proprio i suoi superiori. Ma, al di là di certi sviluppi interessanti, M:I-5 non si dimentica di essere un film di puro intrattenimento: e in questo senso, nonostante la regia di McQuarrie non abbia una vera e propria impronta autoriale, il regista è perfettamente in grado di regalare scene d’azione dinamiche e adrenaliniche magistralmente girate e mai confusionarie, tra cui spicca la magistrale sequenza al cardiopalma all’Opera di Vienna, di hitchcockiana memoria; il tutto con la ciliegina sulla torta, ovviamente, di sparatorie, inseguimenti, acrobazie e combattimenti corpo a corpo coreografati a regola d’arte. Persino il rapporto tra Ethan e Ilsa, che in altri film sarebbe scaduto in una melensa e stereotipata storia d’amore, qui è un’attrazione sottesa e mai apertamente rivelata, un valore aggiunto da non trascurare. Insomma, ormai la saga inizia ad essere longeva (il primo film è del 1996) e anche Tom Cruise non è più un ragazzino (53 anni all’uscita del film); eppure, di un presunto calo di qualità neanche l’ombra.

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