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Italiano medio

Regia di Maccio Capatonda vedi scheda film

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La recensione su Italiano medio

di cheftony
5 stelle

Ma questo è un coglione!”

 

Maccio Capatonda

Italiano medio (2015): Maccio Capatonda

 

Giulio Verme (Maccio Capatonda alias Marcello Macchia) è un italiano medio(cre) con grandi velleità ecologiste e di responsabilizzazione dell'umanità. Cresciuto in un contesto familiare profondamente ignorante, degradato e teledipendente, fin dall'infanzia Giulio va ostinatamente in controtendenza, fino a diventare vegano e a studiare scienze ambientali, anche se la laurea lo porta poi a lavorare come un qualunque operaio allo smaltimento di materiali.

Instancabile organizzatore di petizioni, sermoni, proteste e quant'altro, Giulio si ritrova insoddisfatto e impotente in occasione di un paio di importanti fallimenti: il primo riguarda la protesta contro l'abbattimento di un bioparco milanese ad opera dell'imprenditor Cartelloni (Rupert Sciamenna alias Franco Mari), appariscente cementificatore all'insegna dello slogan “Il bello che avanza”. La seconda delusione deriva dal rapporto con la convivente Franca (Lavinia Longhi), che lascia per due settimane l'appartamento per un impegno di volontariato, non prima di intraprendere un paio di bizzarri litigi con Giulio.

In concomitanza con la partenza di Franca, Verme riceve la visita di un curioso testimone di Geova: è il compagno delle elementari Alfonzo (Luigi Luciano alias Herbert Ballerina), che riesce a varcare la soglia e a risollevare le sorti di un disperato ambientalista solitario con una pillola “rincretinente”...

 

Scopaaareee!”

 

Maccio Capatonda

Italiano medio (2015): Maccio Capatonda

 

L'esordio cinematografico di Maccio Capatonda e dei suoi stralunati compagni di scorribande è accompagnato in questi giorni da un hype eccessivo, forse favorito dal momento piuttosto brullo del box-office o dalla atipicità della proposta, che poco ha a che spartire coi tempi e coi canoni cinematografici.

Capatonda, di fatto, è un videoproduttore e montatore con esperienza ormai decennale che viene da un mondo “limitato”, ovvero dai (meravigliosi) fake trailer trasmessi nei programmi della Gialappa's Band (La febbra), dalle finte sitcom e da altri progetti a metà fra l'arguzia e la divertente idiozia. Insomma, per farla breve, tutte cose sviluppate attraverso altri media (TV e Internet) e della durata confinata a qualche minuto, in cui risulta davvero travolgente una forma di umorismo che a tratti ha del geniale: fra satira dei potenti e presa in giro di miserie, grettezze e ignoranza, giochi di parole e neologismi coniati a partire da grossolani e volontari errori, pseudonimi improbabili e calzanti, l'abruzzese Maccio e collaboratori sono arrivati a mietere qualche bel successo; è da segnalare, fra questi, la direzione del videoclip di “Parco Sempione”, uno degli ultimi pezzi degni di nota di Elio e le Storie Tese (la cui comicità surreale è in parte ripresa proprio da Maccio), con un messaggio ecologista e satirico praticamente identico a quello di “Italiano medio”.

 

Rupert Sciamenna

Italiano medio (2015): Rupert Sciamenna

 

Ecco, appunto, torniamo a “Italiano medio”: il film prende piede da un ennesimo falso trailer (Italiano medio (2013)) di un paio di anni fa, demenziale, divertente e senza particolari ambizioni. Maccio mette alla berlina i tratti di due fette di popolazione italiana che in qualche modo sente vicine e attraenti: da una parte il super-impegnato senza particolari capacità, fanatico ambientalista senza compromessi e noioso rivoluzionario mancato (“Il grillino”, dice lui, in un'occasione), dall'altra il cafone estremo da reality, frequentatore di discoteche imbarazzanti e puttane, viveur ridicolo ed egocentrico, ignorante e menefreghista. Due diversi italiani medi, non per questo uno migliore dell'altro, non per questo davvero disprezzati, non per questo lontani dai propri “autori”.

Se il trailer era una vera gemma coi suoi due minuti, altrettanto non si può dire del film che il buon Macchia, più timido cazzeggiatore che artista serioso, ha deciso di trarne: d'altronde 90 minuti sono tanti e il film vive per forza di cose all'insegna della discontinuità e dell'annacquamento. Il divertimento non manca per gli aficionados, in mezzo ad un mare di autocitazioni, consueti caratteristi assurdi, esagerazioni, battute nonsense, citazioni di Kubrick e “Forrest Gump” e camei buttati lì un po' a caso; non mancano, però, anche le cadute di stile, i tempi morti e una certa sensazione di inutilità del progetto dovuta ad una mancata evoluzione del linguaggio.

Pur provando a impegnarsi in fase di sceneggiatura, in una regia il meno anonima possibile, in montaggio e fotografia (che parte da una buona idea contrappositiva e poi finisce con l'essere stucchevole ed elementare), a Maccio non può bastare un micidiale guizzo per reggere un lungometraggio. Resta un'operazione simpatica, soprattutto per gli amanti del “piccolo” Maccio, ma fondamentalmente poco utile per un pubblico più ampio, che certa critica sembra aver inopinatamente cercato di aizzare gridando quasi all'evento dell'anno.

L'uomo che usciva la gente”, “Padre Maronno”, Premio Oscar Luigi Scalfaro Phil Norimberga: venite a me!

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