Regia di Anthony Mann vedi scheda film
Se non avesse girato cinque film quasi uguali fra loro in cinque anni, forse questi non sarebbero diventati così famosi: come i pittori che solo ripetendosi si impongono all'attenzione di sedicenti critici e di acquirenti incompetenti, dando l'impressione di "stile personale". Il film si lascia vedere piacevolmente, non è scadente... ma non vale neppur la metà delle lodi che riceve. Forse l'estimatore di western è per abitudine di bocca buona. Stesse critiche fatte per il precedente. Non ci sono "psicologie complesse e ben delineate" (Di Giammatteo alla voce “Mann”), bensì incoerenti, con aggiunte e varianti utili all'azione ma ingiustificate; precedenti misteriosi appena accennati che danno un alone di mistero al protagonista e spiegano il suo cinismo, destinato chiaramente fin dall'inizio a essere superato in seguito alla morte dell'amico e all'amore... Non è il caso di elencare le assurdità del racconto, che viene presentato come epico e non come comico né paradossale; il che può andar bene, in un western di divertimento, purché non lo si voglia poi spacciare per un capolavoro. Che esistano donne ciniche e giudici prepotenti e corrotti lo sappiamo tutti; ma che la donna possa far soldi in un paese di frontiera con tanta disinvoltura e senza correre pericoli, restando sostanzialmente indipendente dal giudice prepotente, non è verosimile neppure in un western; il protagonista pistolero imbattibile e cowboy, commerciante e poi minatore, sempre altrettanto abile, oltre che esperta guida fra i monti e i ghiacci, più abile delle locali guide professioniste, è una “americanata” ingenua, oltretutto non necessaria alla vicenda. I danni del tempo sul colore non giovano neppure alla fotografia paesistica.
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