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Terminator

Regia di James Cameron vedi scheda film

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La recensione su Terminator

di genoano
8 stelle

La lotta per non far sparire il futuro più avvincente della storia del cinema, con riferimenti alla Bibbia e alla mitologia ebraica. Fantasia, tensione, spettacolo, una sequenza di culto dopo l'altra; il cattivo eponimo interpretato da Schwarzenegger, poi, è addirittura leggendario. Voto 8.

"The terminator" è una macchina cinematografica perfetta, azionata dalla scintilla del genio dell'artefice James Cameron. La trama, un meccanismo di precisione acchiappa-spettatori, innesca una serie di sequenze da antologia, e non di un solo genere: del thriller (la scena rallentata della "caccia" nella sala da ballo), dell'action (gli inseguimenti in auto con scambi reciproci di bordate, lo scontro nella centrale di polizia), dell'horror (le impressionanti auto-riparazioni del Terminator), della fantascienza (le visioni apocalittiche della guerra del futuro, purtroppo piuttosto profetiche, in cui spaventose macchine mortali dominano il cielo e la terra mentre l'umanità arranca in uno scenario dantesco tra lamiere contorte e macerie). Con l'implacabile villain del titolo, votato ad estirpare la speranza alla radice facendo stragi di innocenti e meno innocenti, Arnold Schwarzenegger, dopo l'icona Conan il barbaro, centra un'altra "hit" da storia del cinema; questa sorta di leviatano tecnologico è anche una rivisitazione del mito del golem, che potrebbe porsi nel pantheon del cinespavento a fianco del formidabile Frankenstein di Boris Karloff (chissà perchè quando gli Americani vogliono un tipo che fa paura chiamano sempre un attore europeo). Come sempre quando c'è di mezzo Schwarzy la violenza è riscattata dall'ironia, e le brutali gesta da espedito senza pietà a cui dà luogo lasciano qua e là spazio all'inserimento di contrappunti comici pregevoli (come la scena della cabina telefonica o la "educata" risposta a scelta multipla in albergo). "The terminator" non è un effimero blockbuster, non è solo un grande spettacolo; percorso da una cupezza che si apre alla speranza e a un melanconico romanticismo, è un racconto indimenticabile che dal 1984, parafrasandone una battuta, "attraversa il tempo per venire da noi", come solo i veri classici sanno fare. 

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