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La felicità è un sistema complesso

Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La felicità è un sistema complesso

di Tex61
5 stelle

Contrariamente alla norma, prima di pubblicare questo mio commento sono andato a leggere i pareri di altri utenti (anche di altri siti) relativamente ad un film che io, personalmente, ho trovato inconsistente. Emozioni e coinvolgimento zero. Tenuto conto dei quasi concordi entusiasmi che ha suscitato, ho realizzato che non l’ho capito o forse la mia idea di cinema non è questa. Nello specifico: Mastandrea, unica nota buona (buona non eccellente) di questa pellicola insieme a qualche brano musicale indovinato (ad eccezione dell’inascoltabile “torta di noi”). Molte le cose incomprensibili a partire dalla evidente parrucca di Mastandrea nella prima sequenza, poi Chopin che viene confuso con Schubert e la novità a me sconosciuta che si può essere licenziati con una e-mail. Inquadrature statiche infinite e senza significato, banalità tipo l’uomo torcia umana che si capisce già dalla tanica che regge quali intenzioni abbia, ovviamente senza che nessuno muova un dito, sospensioni a mezz’aria sopra il letto, l’israeliana intrusa e amicona della minorenne che fugge all’improvviso senza spiegazioni. Il rampollo che viene prelevato dall’elicottero di famiglia che, più che figlio di un imprenditore con ville da favola, sembra figlio di un operaio sindacalista di Mirafiori. Poi, per finire, tutti sullo skate in autostrada verso la fatua luce di una nuova imprenditoria “biologica”. Qualche frase d’effetto per bocca dell’improponibile (per il ruolo che interpreta) Battiston. Tutto funzionale al messaggio? Non credo; per me puerili banalità a servizio di un messaggio filmico buono (ma utopico) di una nuova imprenditoria che vuole sfuggire alle esigenze della globalizzazione oltre alla “redenzione” del protagonista esasperata senza motivo nell’ultima sequenza. Eppure c’è chi ha rilevato addirittura riferimenti al pensiero del filosofo T. Adorno e quindi, a fronte della mia pochezza, m’inchino ai pareri dei più continuando a sostenere che questo è un film che non mi è piaciuto oltre a non concordare con chi sostiene che questo è l’espressione di un nuovo e buon cinema italiano.

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