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Dio esiste e vive a Bruxelles

Regia di Jaco Van Dormael vedi scheda film

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La recensione su Dio esiste e vive a Bruxelles

di GIANNISV66
7 stelle

Un Dio cattivello e dispettoso, che usa l'umanità per il suo divertimento, si trova ad affrontare la ribellione della figlia. Pellicola intelligente che affronta temi importanti (su tutti: quello del significato che ognuno di noi cerca di attribuire alla propria esistenza) in maniera divertente e senza cadere nell'inutile provocazione.

 

Dio esiste e vive confinato in un appartamento popolare di Bruxelles, tre vani più cucina abitabile senza alcuna apertura verso il resto del mondo.

Dio è quanto di più diverso ci possa essere dall'immagine che ne hanno fedeli, è un ometto malandato dedito al tabacco e alla birra, barricato in uno studio e chino su un computer, strumento che gli permette di divertirsi a bersagliare gli esseri umani con disgrazie grandi e piccole. Un piccolo uomo frustrato che vaga in vestaglia e ciabatte schiavizzando una moglie scialba e rassegnata e una figlia che mal sopporta le angherie paterne. Ha pure un figlio (JC, Jesus Christ ovviamente), fuggito di casa anni prima per diffondere parole di speranza e di pace tra l'umanità, in netto contrasto con le reali intenzioni del divino genitore (come del resto lo stesso rivelerà a uno sconcertato prete in una delle scene più esilaranti della vicenda).

Un bel giorno la piccola Ea (la figlia maltrattata) grazie a una dritta preziosa ricevuta dall'illustre fratello (non spieghiamo come) riesce a fuggire nel mondo degli uomini, non prima però di essersi introdotta nello studio paterno, preso possesso del computer, averlo manomesso e inviato ad ogni persona via sms l'indicazione della data di morte.

E mentre il mondo degli uomini è travolto dalla rivelazione, Ea attraversa le strade della città alla ricerca di sei apostoli per costruire un Nuovo nuovo testamento, inseguita da un padre furente e costretto a confrontarsi con quel mondo da lui trattato alla stregua di un giocattolo e a subire quelle stesse regole assurde da lui stabilite.

 

Chi a questo punto sia indotto a pensare a un film blasfemo e dissacratore è fuori strada (a scanso di equivoci, l'estensore di queste righe è un credente, ancorché di impostazione laica), siamo piuttosto di fronte a una pellicola che propone delle riflessioni sull'uomo e sulle sue fragilità, e lo fa scegliendo la strada della leggerezza anziché quella del dramma.

Il tono della commedia non abbandona mai la vicenda anche se il tema trattato, ovvero il significato che ogni persona cerca di dare alla propria esistenza, è decisamente difficile e tocca sensibilità che appartengono alla sfera più intima di ognuno.

Il Dio cattivello e dispettoso ottimamente reso dalla interpretazione di Benoit Poelvoorde, in fin dei conti rimanda non tanto a un presunto senso del divino che si vuole dissacrare quanto a quel complesso meccanismo in cui ci imbattiamo ogni giorno e che ci porta a pensare che la vita di ognuno di noi sia regolata da una summa di eventi contrari. L'esilarante Regolamento delle sfighe umane, redatto con maligna soddisfazione dalla mano del protagonista, richiama quel senso di fatalismo che riesce a colpire anche la persona più razionale di fronte a certi accadimenti.

Jaco Van Dormael riesce nell'intento di realizzare una pellicola complessa ma attraversata costantemente da una vena di leggerezza e follia. Non rinunciando a toccare in alcuni passaggi il tasto del grottesco, anche se a dire il vero questi momenti di surrealismo portato all'estremo (in particolare la relazione tra la ricca borghese insoddisfatta interpretata da Catherine Deneuve e un gorilla del circo) risultano le parti più deboli del film, quelle meno riuscite.

Dio esiste e vive a Bruxelles è una pellicola intelligente che richiede una approccio libero da schemi precostituiti e in cambio regala momenti di grande divertimento alternati a spunti di riflessione di notevole profondità.

Una pellicola non esente da difetti ma assolutamente gradevole, coronata da un finale irriverente anche se forse un tantino consolatorio.

Ottimo il lavoro del gruppo di attori, in cui spicca la piccola Pili Groyne nei panni di Ea, e bella risulta la colonna sonora infarcita di tracce di musica classica (nel cuore di ogni persona la piccola Ea ascolta le note di un brano particolare) affiancati da pezzi della cantautrice fiamminga An Pierlé, tra cui spicca la travolgente Jours Peinards.

 

 

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