Espandi menu
cerca
Brooklyn

Regia di John Crowley vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Theophilus

Theophilus

Iscritto dal 17 agosto 2012 Vai al suo profilo
  • Seguaci 3
  • Post -
  • Recensioni 51
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Brooklyn

di Theophilus
8 stelle

BROOKLYN

 

Un film “pulito”, senza sbavature, asciutto, incentrato sul sentimento panico dell’esistenza e per questo non sentimentalistico. Brooklyn va a toccare tasti drammatici, ma sempre con grande misura. Ma non si tratta della reticenza del pudore. Il regista John Crowley ci fa sentire come la vita sia un’irraggiungibile massa che si srotola prima, durante e dopo di noi, chiamandoci ad interpretarla e a dare il nostro contributo.

La storia è ambientata negli anni “50” fra l’Irlanda e gli Stati Uniti d’America. Due mondi che si compenetrano, s’inseguono e si passano il testimone, in un passaggio fra un presente che si manifesta troppo tardi ed un futuro di cui l’uomo non può che essere all’oscuro, ma che la protagonista principale affronta con grande coerenza e fiducia.

Eilis (Saoirse Ronan) vive a Enniscorthy, un piccolo centro dell’Irlanda, insieme alla madre e ad una sorella maggiore. È un mondo che si è fermato, in ritardo rispetto al moto circolare dei corpi che abitano l’universo. In quel villaggio ma, vedremo, anche nel mondo che di lì a poco Eilis si avventurerà a scoprire, si respira una religiosità ancora vergine, ma non bigotta, del tutto inconsapevole della banale aridità a noi contemporanea, in cui non esiste il dubbio ma, sembrerebbe, solo la certezza dell’indifferenza.

Consapevole dell’impossibilità di assicurarle un futuro in quella realtà angusta, la sorella Rose immagina per Eilis un domani nell’immensa prateria americana e, grazie all’aiuto di un sacerdote, riesce ad introdurre la ragazza nella folta comunità irlandese di Brooklyn.

Dal primo contatto, nel tentativo di superare le proprie difficoltà e di creare un mondo nuovo in parziale continuità con il suo vissuto, Eilis allarga la sua visione scoprendo altri mondi, altre realtà, persone nuove, gruppi diversi. Incontra Tony (Emory Cohen), ragazzo di origini italiane, se ne innamora e finisce con lo sposarlo.

Ma non si deve pensare a qualcosa che avviene “come da copione”. Si tratta sì di un sentimento genuino che si forma con naturalezza, ma anche della gioiosa fluidità di un qualche cosa di nuovo che si respira nell’aria, ma di cui non si avverte l’essenza. La distanza storica che ci separa da quei momenti, quegli oltre sessanta anni, hanno provocato mutamenti di costume, politici e sociali tali da rendere quasi irriconoscibile quel mondo, non più percettibile il contatto con i nostri genitori e nonni se non attraverso il rimando di ricordi sopiti, lo schiudersi di uno sguardo interrogativo di “come erano” contrapposto a “come siamo”, se da quel seme ci si potesse attendere, allora, questo frutto. Poco importa se il regista abbia inteso fare semplicemente un’operazione filologica, un’analisi storico sociale, oppure se in lui abbia agito l’esigenza di portare sullo schermo la testimonianza della sua interiorità, se abbia prevalso il bisogno di riportare in vita quei valori, quei sentimenti specifici. Quel che conta è che il film è riuscito. Convince l’atmosfera pionieristica, il quadro prospettico tutto da immaginare, l’integrità morale dei protagonisti, la “verità” di un dramma comunque da provocare, per evitarne un altro.

Brooklyn è un film essenziale. Pur non dilungandosi inutilmente in rivoli secondari che l’avrebbero solo appesantito, non dà mai, però, la sensazione di affrettarsi. La figura di Eilis è tratteggiata correttamente e viene fuori a poco a poco. Un volto dapprima smarrito, preoccupato, interrogativo - ma che non si tira mai indietro e da cui non trapela la disperazione - si trasforma gradualmente in quello di una persona matura che affronta la vita a viso aperto. Quegli occhi diventano, così, lo specchio della sua progressiva consapevolezza e noi possiamo confidare nella sua crescita interiore, nello sviluppo positivo della sua vicenda umana.

Interessante anche la figura di Tony, vista allo stato nascente. Non è un prodotto stereotipato, non viene utilizzato come figura simbolo, erede di una comunità tutta mafia, spaghetti e mandolino, ma come il volto pulito di un divenire tutto in fieri, di una speranza che poteva concretizzarsi.

Il duplice viaggio di Eilis ce la mostra già conscia di quello che sta affrontando, che anzi ha già deciso di affrontare e da cui non tornerà indietro. Se la prima volta dovrà subire tutti i tormenti del dubbio e i malanni fisici del viaggio in nave attraverso il mare agitato, la seconda volta farà da guida e da sostegno morale in quello che per lei sarà il ritorno a casa.

 

Enzo Vignoli

13 giugno 2016

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati