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Stromboli terra di Dio

Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Stromboli terra di Dio

di darkglobe
10 stelle

La solitudine umana

"Domenica 10 aprile alle ore 10 del mattino è stato dato il primo giro di manovella del film diretto da Roberto Rossellini e interpretato da Ingrid Bergman. Il ciak dava il titolo di Dopo l'Uragano, ma già sin da allora soggettisti e regista erano d'accordo di chiamarlo Terra di Dio; ciò non esclude naturalmente che un altro sia poi il titolo definitivo. In ogni caso il secondo titolo prescelto è sicuramente più evocativo, e prepara meglio gli spettatori alla drammatica vicenda che par nascere dalla suggestiva e tragica disperazione di questa terra maledetta da Dio, con le sue passioni allucinate, con i suoi amori e odi furiosi che solo si distendono di fronte allo spettacolo ancor più inumano di un vulcano che vomita fiamme, fumo e lava." (Federico Patellani)


Di Stromboli esistono ufficialmente tre versioni: una internazionale (di 106') con i dialoghi misti; una italiana (di 100') e quella rimaneggiata dai produttori della RKO (di 84') in modo da renderla più fruibile al grande pubblico secondo i dettami di un linguaggio più propriamente hollywoodiano. Consiglio l'ultima solo a chi si avvicini per la prima volta ai film di Rossellini che, da Stromboli in poi, segnano una significativa svolta nel suo cinema.

Karin (Ingrid Bergman in un ruolo inizialmente destinato alla Magnani) interpreta una giovane lituana, appartenente ad una famiglia un tempo benestante, che, per poter abbandonare un campo di profughi durante la seconda guerra mondiale, sceglie di sposare Antonio (Mario Vitale, ex pescatore salernitano), un soldato che la corteggia; in questo modo ottiene la cittadinanza italiana, essendosi vista negare il lasciapassare per l'Argentina, e segue il marito nella sua terra d'origine, l'isola di Stromboli.
Karin all'arrivo subisce però un duro colpo, avvertendo da subito quanto siano distanti le sue aspettative ed ambizioni di vita dalla semplicità del luogo e dalla grettezza culturale e chiusura mentale che via via scopre negli abitanti dell'isola, i quali a loro volta la considerano una sfacciata, anche per qualche ammiccamento col giovane guardiano del faro (Mario Sponza). Questi i motivi per i quali l'isola si trasforma in breve per la donna in una vera e propria prigione. Antonio nel frattempo, per racimolare dei soldi, pressato dalle esigenze economiche di Karin, si fa assumere come pescatore, ma la sua gelosia non aiuta a semplificare la situazione ed a volte si tramuta perfino in atteggiamenti violenti. Karin, pur avendo provato a seguire i consigli del prete dell'isola (Renzo Casana), tentando di mitigare le proprie insofferenze, decide di scappar via quando scopre di essere incinta, avventurandosi per la vetta del vulcano che ha da poco iniziato a eruttare.

Stromboli è il primo film che Rossellini gira con una splendida Bergman all'apice della propria bellezza e con il quale darà inizio a quella che verrà definita la 'trilogia della solitudine', completata da Europa '51 e Viaggio in Italia.

"Fu un film per più versi sconcertante [...] La sua novità non era solo formale era quella di una storia altrettanto forte, a ben vedere, di quella di Germania anno zero: una storia del dopoguerra, degli effetti della guerra attraverso il personaggio della Bergman, una displaced person come ce n'erano a migliaia e forse a milioni, senza patria e senza passato (a volte volutamente senza passato) e alla confusa ricerca di una sopravvivenza ma anche di dare o ridare un senso alla propria esistenza, un progetto di vita, un'intima (e indispensabile) salute. Una ricerca, insomma, allo stesso tempo sociale e religiosa. E non meno necessaria di quelle che affronteranno le protagoniste di Europa '51 e Viaggio in Italia." (Goffredo Fofi)

All'uscita del film la critica nazionale è spietata, utilizzando termini come 'fallimento' ed 'involuzione'. In realtà la graduale evoluzione verso la modernizzazione del linguaggio cinematografico che Rossellini realizza, spingendosi verso un cinema antiletterario, realizzato con una commistione di attori professionisti e gente di strada, è accompagnata da un parallelo graduale percorso di emarginazione, se si esclude il sostegno di una parte (neppure tutta) della redazione dei Cahiers: il trio Rohmer, Truffaut, Rivette, privo dei lacci di una impostazione critica infarcita di preconcetti culturali, pur nella capacità di cogliere con chiarezza e lungimiranza la modernità del nuovo cinema di Rossellini, enfatizza la matrice cattolica dell'ispirazione che ne guida la sua svolta filmica. Rossellini anni dopo proverà a sminuire questo aspetto, lasciando comunque intendere che non avrebbe all'epoca potuto far altro che assecondare quell'impostazione critica nata dal generoso sostegno dei 'giovani turchi' che costituivano nei fatti un argine alla pioggia di stroncature su di lui piovute all'uscita di questo e dei suoi successivi lavori.
Di certo, se manca una componente prettamente cattolica, a tratti ridotta ai rituali quasi pagani dei pescatori, è pienamente e chiaramente ravvisabile un percorso di evoluzione morale della protagonista: lei è una sorta di tentatrice che fa della sua irresistibile avvenenza, della sua bellezza, l'elemento di seduzione, in parte involontaria, in parte inconsapevole, ma in parte istintivamente connaturata alla sua indole e dunque scientemente utilizzata come strumento di fuga mentale, sensuale e fisica dalla gretta compressione umana e morfologica dell'isola - esaltata visivamente da ambienti chiusi e piccole ed impervie viuzze - per potersi liberare dai lacci di quel mondo distante anni luce dalla propria matrice culturale evoluta e libera ma sostanzialmente materialista, indicativa di un vuoto interiore che porta lo spettatore ad oscillare tra compassione e riprovazione. La memorabile sequenza della tonnara (anticipata dalla orrenda scena del furetto) con la lunga attesa collettiva a cui segue la feroce mattanza e la preghiera finale, segna, nel suo gioco estetico del campo-controcampo, un distacco ancora più insanabile e profondo tra Karin, inizialmente incuriosita e progressivamente sempre più scioccata, e l’intero villaggio.

Ma è proprio la Natura a rivoltare se stessa, quella Natura la cui conformazione lavico-rocciosa, immersa in un mare ostile, solcato da barconi, che pare uscire da un quadro di Pratella, aveva fino ad allora spietatamente provocato il rigetto di Karin.  La violenta fase eruttiva (qualcuno ci vede una vera e propria immanenza divina) scatena così nella protagonista in fuga una mutata coscienza di sé e del suo essere, per condurla ad una diversa misura con il mondo che la attornia. L'eruzione finale e l'incolumità della donna simboleggiano per certi versi una forma di grazia divina e la "conversione" della protagonista che invoca l'aiuto del Supremo sono una metafora ed una esortazione a guardare oltre le cose, nella direzione di un "principio spirituale del tutto nuovo".
Come giustamente osserva Rivette ne la sua Lettera a Rosellini, la novità sorprendente di questo nuovo corso del regista è la recitazione, che qui è "come spenta, uccisa sempre di più da un'esigenza più alta", quella di una "costrizione intima" che obbliga i protagonisti a cancellarsi. [...] Allo "slancio" della recitazione si contrappone "l'abbandono", alla "performance più alta" ricercata nelle dive si sostituisce lo "scioglimento ispirato", i gesti sono come "trattenuti", "conservati in se stessi": ecco la sola recitazione - conclude Rivette - che potremo gustare per un bel pezzo.

Ingrid Bergman

Stromboli terra di Dio (1949): Ingrid Bergman

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