Regia di Bas Devos vedi scheda film
Uno dei film più strabilianti in concorso quest'anno al Torino Film Festival era Violet.
Al centro dell'opera è un ragazzo che assiste allo scippo e all'uccisione di un suo coetaneo e amico, in un centro commerciale. Il film è la descrizione raffinatissima e dolente di una condizione vissuta ma non affrontata, quella del lutto. Il regista attinge a secoli di cultura visiva della sua terra riportando sullo schermo la grande pittura belga e olandese. Il formato scelto -uno stretto 4:3-, che ricorda quello delle tavole fiamminghe del Quattrocento, è perfetto per ospitare questa straordinaria sequenza di immagini di commovente bellezza, in cui rivediamo i ritratti e i trittici di Van Eyck, le notti di Rembrandt, le suggestioni di Magritte. Se lo sguardo si sposta all'estero, oltreoceano, è per indugiare sulle stanze mute e rarefatte di Hopper, sullo straniamento dell'espressionismo astratto o sui dolori adolescenziali di un grande regista il cui cognome contiene chiare origini: Gus Van Sant. Tutto avviene nel silenzio degli spazi, vuoti come i pochi dialoghi, con altissima omogeneità poetica. La macchina da presa si sposta lentamente e la gradualità della messa a fuoco rapisce l'occhio con delicatezza. A cornice del tutto si pone un uso sapiente e originalissimo del sonoro. Ma nemmeno per un momento questa meticolosità tecnica, quasi virtuosistica, sembra fine a se stessa: ci si accorge invece di come il tema della perdita e della solitudine sia trattato con intelligente e antiretorica sensibilità.
Un cinema averbale di pura immagine, elegante, sorprendente e profondo. Un'opera visiva unica nel concorso di questo e di chissà quanti anni.
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