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Leviathan

Regia di Andrej Zvyagintsev vedi scheda film

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La recensione su Leviathan

di Atreides
8 stelle

Leviathan è un film intransigente, duro, spietato, pesante come un macigno. 

 

Le radici di una delle conquiste più importanti dell'uomo in materia politica risalgono a circa quattro secoli fa, il giusnaturalismo ha escluso infatti la religione come fonte del diritto proclamando che essa è figlia della storia e si evolve con essa, al contrario della ragione che è eterna e consente il superamento dei vincoli più antiquati. Similmente, è stato teorizzato che i poteri politici vadano separati, affidando esecutivo, legislativo e giudiziario a entità differenti. Questa è la base dell'attuale ordinamento liberaldemocratico dell'Occidente. 

 

Ma il crepitio delle fiamme di una grande e scomoda domanda è sempre più rumoroso: tutto ciò è sufficiente? Ci siamo veramente liberati dall'ingombrante presenza di un Dio in Terra?

Il titolo Leviathan è riferito solo indirettamente al terrificante mostro biblico, qui il riferimento principale è palesemente l'opera di Thomas Hobbes. L'idea che lo stato di natura, l'umanità senza un ordine costituito sia condannata a uno stato di guerra di tutti contro tutti in cui ogni mezzo è lecito per difendere i propri diritti naturali ha portato i primi giusnaturalisti a concludere che lo Stato non è altro che un'entità nata da un contratto interno al popolo che affida la difesa dei propri diritti a un agente esterno. In conclusione possiamo dire che lo Stato è essenziale a trasformare il caos in ordine. Il proseguire della storia insegnerà in seguito che è la ragione a legittimare il potere non una qualche luce divina.

 

Ma sorge un dubbio terrificante, lo Stato è il garante della nostra sicurezza o è una corrotta creatura con cui barattiamo la nostra libertà in cambio della sopravvivenza?

 

Leviathan è proprio questo, un'amara riflessione su un potere che ufficialmente non è più legittimato divinamente ma che non viene per questo salvato da corruzione e manie di grandezza.

 

Un villaggio affaciato sul mare di Barents, è teatro di un dramma familiare che mette un impulsivo meccanico nei panni di Giobbe: il patriarca biblico vittima innocente di un tira e molla tra Dio e Satana. Solo che qui non c'è nessuna divinità, ma un sindaco corrotto e prepotente. Non è interessato a niente che non presenti un vantaggio personale immediato ed è solo titolare di un potere periferico. Osservando il sindaco, viene inevitabile pensare ad un potere gerarchicamente superiore come ancora più mostruoso. Un pensiero decisamente inquietante.

Lo stesso regista definisce l'opera così:

Così come tutti noi, per nascita, siamo marchiati dal peccato originale, allo stesso modo tutti nasciamo in uno “stato”. Il potere spirituale dello stato sull’uomo non conosce limiti. (Andrei Zvyagintsev)

 

La tragedia dello scontro di un uomo contro il Leviatano è mostrata con una potenza nata dalla fusione tra un astrattismo che vuole indicare il carattere universale e cross-culturale di certe situazione con un crudo realismo che racconta una realtà localizzata, persone isolate dal mondo e dalla storia che cercano di scacciare l'impressione di essere dimenticate attraverso l'alcol. Non importa quanto il paesaggio sia maestoso, quanto alcuni campi mozzino il fiato, il calore non si avverte con la vista.

 

Fa freddo.

 

 

 

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