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Signore e signori, buona notte

Regia di Registi vari vedi scheda film

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La recensione su Signore e signori, buona notte

di LorCio
6 stelle

Film così oggi non se ne fanno più. Non parlo a livello artistico, ma da un punto di vista organizzativo. Il cinema delle cooperative oggi è quantomeno impensabile e l’idea di criticare il mezzo televisivo è, oltre che superata, un tantino superflua. I registi firmano l’opera assieme agli sceneggiatori e non si identificano (almeno palesemente, ma in realtà ci si raccapezza facilmente) con i vari episodi. Alla fine della fiera, fatte le dovute premesse in cui ovviamente si esprime l’evidente simpatia, non è altro che un film ad episodi come altri, probabilmente fuori tempo massimo ed accostabile perciò a I nuovi mostri proprio per l’anacronismo di fondo della formula.

 

Legati dal filo (del) conduttore interpretato da un candido Mastroianni (che praticamente interpreta Mastroianni), una carrellata di episodi che ha la triplice intenzione di simulare i programmi di una giornata televisiva, sviluppare una critica palese alla televisione e tentare di rinverdire la commedia all’italiana unendola ad un cinema di satirica denuncia. Di satira, in realtà, non è che ce ne sia molta: c’è, più che altro, un vago senso di lamentoso vittimismo che si collega più all’apologo moralistico che alla satira in sé per sé. I tre obiettivi principali oltre alla tv (politica, forze dell’ordine e chiesa) sono più idioti che corrotti, più stupidi che malvagi.

 

E così i segmenti meno riusciti risultano essere quelli moraleggianti sulla politica (l’intervista al ministro inquisito, il talk show con i politici napoletani), mentre altri non riescono a graffiare (i due con Villaggio nei panni prima di un professore cannibalista e poi di un presentatore malsano, Tognazzi che fa il poveraccio minimalista divo per un giorno, la finta bomba in una caserma). Meglio quando si parla di chiesa, specie con il realistico segmento napoletano e, soprattutto, con lo splendido finto sceneggiato Il Santo Soglio. Apologo finale con tarantella di anziani potentati. Fa parte della nobile categoria degli "avrebbe potuto essere".

 

In occasione della morte di Luigi Magni, collaboratore della cooperativa 15 maggio ed autore di uno dei pochi episodi davvero riconoscibili del film, per stile e tematiche, pare interessante rispolverare Il Santo Soglio, una variazione sul tema cardinalizio in chiave più comica se non buffa. Un cardinale che vive in povertà si finge moribondo per poter essere eletto papa riesce ad imbrogliare due porporati arrivisti e sanguinari (Mario Scaccia e Sergio Graziani). Oltre ad un Nno Manfredi superlativo come sempre sotto la guida di Magni, si registrano le grandi prove delle due spalle Scaccia e Graziani e l’esimio apporto di Lucia Mirisola alle scene e ai costumi, ma al di là di tutto è l’opportunità per tirare le somme sulla carriera di un regista parco (venti film in quarant’anni) e coerente non sempre giustamente considerato.

 

Prendiamo ad esempio questo episodio: Magni non è stato semplicemente o scontatamente anticlericale, è stato un competente studioso del tempo infausto del potere temporale papale che ha saputo costruire storie di finzione partendo da eventi che la storia si era garbatamente dimenticata nel corso dei secoli. Nonostante una qualche monotonia tematica, ha promosso un discorso onesto, lineare e compatto contro l’abuso del potere da parte della Roma papalina, in nome dei principi della Roma più popolare, perbene e meravigliosamente strafottente (Pasquino è l’alter ego ideale di Magni), non senza l’ambizione di parlare del presente attraverso il passato. Il Santo Soglio è uno dei suoi migliori lavori, non soltanto per l’enorme Manfredi ma forse anche per la breve durata e l’originalità del racconto, che si inserisce in una carrellata di prodotti schietti e di valore (Nell’anno del Signore, In nome del Papa Re, Arrivano i bersaglieri) amati sinceramente dal pubblico e degni di una valorizzazione futura in un qualche ragionamento di più ampio respiro.

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