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Sfida infernale

Regia di John Ford vedi scheda film

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La recensione su Sfida infernale

di FABIO1971
10 stelle

Oh my darling, oh my darling,
oh my darling Clementine!
Thou art lost and gone forever
dreadful sorry, Clementine.


[Percy Montrose - Oh My Darling, Clementine - 1884]

John Ford e la sparatoria dell'O.K. Corral: Cinema e Storia, trasfigurati in Mito sulle note immortali della ballata Oh My Darling, Clementine, come mitici sono i luoghi e i personaggi che animano la vicenda di Sfida infernale, dal Wyatt Earp (Henry Fonda) ex-sceriffo di Dodge City divenuto mandriano, al Doc Holliday (Victor Mature) ex-chirurgo alcolizzato e squassato dalla tubercolosi, fino a Tombstone, viziosa cittadina nel deserto, ed i suoi abitanti, dalla meticcia Chihuahua (una radiosa Linda Darnell) al barista Mac (J. Farrell MacDonald). Ford, che aveva conosciuto direttamente Earp ("all'inizio dell'epoca del muto, un paio di volte l'anno, veniva a trovare i suoi amici, cowboy che aveva conosciuto a Tombstone: molti di loro erano nella mia troupe. All'epoca lavoravo come aiuto attrezzista: gli portavo sempre una sedia e una tazza di caffè e lui mi raccontava della sfida all'O.K. Corral"), si affida alla sceneggiatura impeccabile (adattata da Sam Hellman da Wyatt Earp: Frontier Marshal di Stuart N. Lake, già tradotto sullo schermo parzialmente nel 1933 in Amore alla frontiera, di Lewis Seiler e, nel 1939, in Gli indomabili di Allan Dwan, scritto dallo stesso Hellman) firmata dal Samuel G. Engel, che produce anche il film, e da Winston Miller, senza stravolgerne gli sviluppi (la guerra tra Earp e la banda dei Clanton, che gli hanno ucciso uno dei tre fratelli e rubato il bestiame, costringendolo a farsi assumere a Tombstone come sceriffo per scovare gli assassini e portare l'ordine in città) e introducendovi, in termini di veridicità storicistica, solo poche, funzionali licenze (Doc diventa chirurgo ma era, in realtà, un dentista, la cittadina di Tombstone spostata di peso nella Monument Valley, e poco altro ancora). Malinconico e solenne negli umori che lo percorrono, sinuoso nell'avvolgersi ai corpi e agli animi dei suoi personaggi per "segnarli" con le ferite della vita ed il peso della Storia, Sfida infernale vive sul doppio registro dell'esibizione virtuosistica del talento smisurato del suo autore e della sensibilità stilistica e poetica con cui il suo sguardo devasta questa "terra promessa" di frontiera, popolata da figure alla deriva tra il bancone di un saloon e la polvere del deserto: Ford ne dipinge il tragico dibattersi, tra amore, vendetta e morte, in un West mitico, colto metaforicamente nel suo trapasso tra medioevo ed età dell'oro, in cui il teatro e la chiesa vengono a spargere i semi della civiltà (e Ford si rivelerà spietato nel sancire, poi, il trionfo della religione sulla cultura), immergendone le sfuriate più concitate e drammatiche nella delicatezza di toni della love story tra Earp e la maestra Clementine, rifiutata da Doc, ed in una messinscena di straordinario fascino evocativo e spettacolare, dalla stilizzazione plastica delle immagini affidata allo splendido bianco e nero della fotografia di Joseph MacDonald, magistrale nell'ammantare di chiaroscuri il giorno e la notte, squarciandoli con ombre sinistre e bagliori improvvisi, al travolgente cast d'attori: da un Victor Mature imponente nel tratteggiare il tramonto del suo Doc ad un Henry Fonda sontuoso nell'arricchire di sfumature il suo Earp, come nella sequenza dell'inaugurazione del campanile della chiesa e del ballo celebrativo che la segue, in cui Fonda si rivela esilarante nel dipingere la timidezza di Earp, che non sa decidersi ad invitare a danzare Clementine (Cathy Downs), che non aspetta altro, e che poi, quando finalmente trova il coraggio di farlo sperando di passare inosservato tra la folla, viene subito riconosciuto. Nella Storia (del Cinema) innumerevoli, magistrali sequenze: dal monologo di Amleto recitato nell'Oriental Saloon di Tombstone prima dall'ubriaco guitto di frontiera Thorndike (Alan Mowbray) e poi proseguito da Doc, all'impetuosa corsa della diligenza, di dirompente energia ritmica, infusa già nel taglio delle inquadrature, apparentemente statiche ma in realtà girate a velocità vertiginosa, con cui la camera car ne riprende l'incedere sfrenato, fino ad arrivare alla resa dei conti conclusiva, manuale folgorante di tensione tirata allo spasimo, astrazione drammaturgica da tragedia incombente che si respira nel silenzio che la contrappunta, finchè la macchina da presa si sofferma sulla scritta O.K. Corral, l'epica della Storia ed il mito della Frontiera si squagliano nel taglio solenne delle inquadrature e Ford tira le fila del destino dei suoi eroi scolpendone un memorabile finale. "Mac, sei mai stato innamorato?". "No, ho fatto il barista tutta la vita".

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