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Apes Revolution: Il pianeta delle scimmie

Regia di Matt Reeves vedi scheda film

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La recensione su Apes Revolution: Il pianeta delle scimmie

di supadany
8 stelle

Sequel del fortunato “L’alba del pianeta delle scimmie” che conferma la bontà della strada intrapresa dallo storico “brand” con questa nuova ricostituzione.

Difficile trovare un blockbuster seriale attuale capace di abbinare meglio il lato spettacolare (molto curato) ad uno sviluppo che pur senza aggirarsi alle latitudini dell’eccellenza, coltiva diversi temi offrendo spunti e se vogliamo anche riflessioni elementari ma concrete.

Dieci anni dopo la propagazione di un virus che ha quasi completamente annientato l’umanità, un gruppo di scimmie guidato da Caesar (Andy Serkis) si è strutturato come una vera piccola comunità.

La loro realtà è messa in subbuglio quando improvvisamente entrano in contatto con degli umani, guidati dal saggio Malcolm (Jason Clarke), alla ricerca disperata di una fonte di energia.

L’equilibrio che i più lungimiranti tentano di creare appare fin da subito labile, lo scontro sembra sempre più prossimo e non solo tra le singole fazioni ma anche al loro interno.

 

Jason Clarke

Apes Revolution: Il pianeta delle scimmie (2014): Jason Clarke

 

Blockbuster strutturato che si evolve su più fronti rispetto al primo capitolo introduttivo alzando il livello delle intenzioni.

A dire il vero l’incipit è alquanto debole, uomini e scimmie non sono poi così distanti ma non s’incrociano da un decennio (assurdo) e poi comunque ci si dimentica più volte di alcuni pezzi (vedi i due uomini morti che non procurano alcun segnale d’allarme, ma è solo un piccolo esempio), fortunatamente comunque vi è uno sviluppo costante che oltre a poter essere rivisto in ogni convivenza tra etnie differenti ha parecchi pregi.

Tecnicamente è un lavoro mostruoso; Andy Serkis, nei panni di Caesar leader diplomatico e carismatico, continua ad andare a braccetto con la performance capture, spremuta su larga scala per la movimentazione di tantissimi personaggi con un lavoro sulle azioni, singole e di gruppo, davvero incredibile (tutti realmente effettuati dal vero da attori “addestrati”).

Il tocco in più è comunque dato dalla (fondamentale) volontà di riprendere il più possibile in esterni reali; la foresta di Vancouver è sfondo ideale (anche climatico) per il regno delle scimmie, mentre a New Orleans, bloccando per più settimane un intero quartiere, viene ricreata la San Francisco post disastro, tutto all’insegna del desiderio di apparire il più reali e concreti possibile implementato dall’utilizzo delle luci da parte di Michael Seresin.

A questo aggiungiamoci pure riprese notevoli, come nelle tante ricorse in quota delle scimmie, semplicemente allucinante poi la prospettiva da un carro armato durante una feroce battaglia, mentre per quanto riguarda l’azione forse solo l’ultimo duello tende a strafare.

E nonostante tutto questo sforzo tecnico non ci si è dimenticati del resto; a partire da un felice equilibrio tra gli spazi narrativi destinati alla visione umana e quella delle scimmie che apre il campo ai conflitti interrazziali, ma anche interni ad ogni specie, tra desiderio di leadership, la precarietà di ogni accordo di pace e co-sviluppo e quindi convivenza (possibile ma sempre difficoltosa da trovare), la volontà singola di far prevalere i propri interessi (in entrambe le fazioni c’è chi ritiene di poter sterminare il “nemico” per cui perché non farlo?), l’orrore della guerra e della morte in contrapposizione, con il vero virus che si rivela essere quello umano che prevede la necessità di prevalere su quella che si presume essere una razza più debole (e quindi annientabile).

In questo insieme sedimenta pure l’emozione, chiamata (vedasi il raccordo col passato), ma effettivamente toccante.

Altra bella scelta riguarda il cast; già attribuiti i sacrosanti meriti ad Andy Serkis (al contrario di altre tecniche, qui è come se fosse lui sul video, gli occhi e le gestualità sono le sue, un extra presente sul bluray in tal senso è sbalorditivo), non si sono scelti grandi nomi, ma attori intraprendenti e capaci come Jason Clarke, sempre più bravo e chiamato ad un super lavoro (anche qui vedere, sul bluray, come ha dovuto calarsi nelle riprese rende ancora più apprezzabile il suo impegno), oltre che ad altri contraddistinti dalla “normalità” come Keri Russell e Kodi Smit McPhee, chiaro che per Gary Oldman valgano altri ragionamenti, in ogni caso non è un anello portante e non ce lo ricorderemo certo per questo film.

Tutto questo da luogo ad un film d’intrattenimento decisamente valido, al di là di alcuni difetti, rimane un esempio di come si possa arrivare al grande pubblico senza dimenticarsi di alcuni paletti fondamentali propri di un cinema non solo “effetti speciali” anche se in tal senso le parole del regista Matt Reeves fanno pensare che sarà sempre più raro averci a che fare (il costo e la difficoltà di trovare/ricreare ambienti reali del genere sono ingenti).

Iper propositivo.

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