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Rapina a mano armata

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su Rapina a mano armata

di primer93
7 stelle

La preparazione metodica e certosina di una rapina viene rovinata dal fattore umano e dalla causalità dell'esistenza. Thriller dal ritmo incalzante, segnato da una sceneggiatura realistica e lineare e da una tecnica di regia dalla precisione chirurgica. Sprazzi di futura genialità in una delle prime opere del grande regista che tutti noi amiamo.

La preparazione metodica e certosina di una rapina viene rovinata dal fattore umano e dalla causalità. In questo buon noir del 1956 si intravedono frammenti di quella genialità kubrickiana che si sarebbe sviluppata rigogliosa successivamente: l'attenzione con la quale vengono scelte le opere letterarie da cui prendere spunto, la precisione chirurgica delle inquadrature e dei movimenti di macchina, il giudizio poco lusinghiero nei confronti della macchia umana che sporca l'esistenza. 

Sia il ritmo che la tecnica registica sono chiaramente migliori rispetto ad una buona fetta dei noir thriller degli anni 50, e i dialoghi sono incisivi, realistici e graffianti. Questi film dovrebbero essere studiati da tutta quella schiera di cineasti che ai giorni nostri si avventurano nella realizzazione di film di genere thriller (e di consequenza di tutte le varie sottocategorie). C'è molto da imparare da queste piccole perle. 

In conclusione, mi piacerebbe ritornare su un tema che mi interessa particolarmente, e che ho toccato di sfuggita anche nella prima recensione da me pubblicata su questo sito (Spoorloos): la spocchiosità e il narcisismo (la coattagine, direbbe qualcuno) dei protagonisti delle opere hollywoodiane. Il cinema americano contemporaneo, infatti, riesce con grande difficoltà a realizzare personaggi che non siano fastidiosamente vanitosi e buffoni. Sembra quasi che l'obiettivo principale degli eroi (e anche degli antieroi) sia quello di ammiccare costantemente nella direzione dello spettatore, di divertire, di essere sensuale, di imporsi, in un tripudio di egocentrismo, logorrea e superiorità pseudonazistoide. Forse sarà capitato anche a qualche altro sventurato che avrà la sfortuna di leggere questa recensione di trovarsi infastidito dal narcisismo dei protagonisti, di sperare nella loro caduta (che non arriva quasi mai, ovviamente), di pensare che si comportino come dei "cattivi", non come i "buoni". Ebbene, in questa piccola opera kubrickiana i personaggi sono assolutamente realistici, e nessuno di loro, chiaramente, è stato scritto con l'intento di divertire ed entusiasmare. Io non posso che accogliere questa scrittura vera e anti-pubblicitaria, contrassegnata da uno sguardo critico e perforante che accompagnerà anche il resto della cinematografia del grande director americano. 

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