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Stalingrad

Regia di Fedor Bondarchuk vedi scheda film

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La recensione su Stalingrad

di giurista81
6 stelle

Dramma esistenziale giocato su un doppio binario, in cui amore e odio si compenetrano in un contesto storico e ambientale che porta l'uomo a regredire al rango di bestia (come dice di sé stesso, guardandosi nello specchio, Thomas Kretschmann; non è comunque da meno l'ex tenore sovietico). Tutto è giostrato su due donne, assai distinte tra loro. Da una parte una giovane legata ai forti ideali che riceve il rispetto e la protezione di un intero plotoncino di militari russi, molti dei quali innamorati di lei; dall'altra parte, nel palazzo dirimpettaio, un'altra giovane russa finisce preda di un sentimento prossimo alla Sindrome di Stoccolma. Rimasta sola, in balia di un capitano tedesco (l'ottimo Kretschmann) invaghitosi di lei solo perché gli ricorda fisicamente la moglie defunta (tra i due non c'è alcuna comunicazione non comprendendo l'una la lingua dell'altro) e perché “l'omo ha da puzza'” come dicono in certi ambienti gretti, si affida alla protezione del soldato, pur essendo stata inizialmente violentata e poco convinta della scelta, anche perchè reputata una donna di facili costumi dalle concittadine.

Dunque, due donne e due capitani molto diversi, con relazioni distinte tra i vari commilitoni che si trovano a fronteggiarsi nello scenario, qua statico, di una Stalingrado versione porta dell'inferno.

La fotografia è notevole, con un contrasto di buio e giallo-rosso fiamma che colpisce l'occhio dello spettatore e grava di continuo sullo scenario. Le scenografie propongono uno squarcio urbano in balia delle devastazione. Palazzi sventrati, colonne parzialmente rimaste in piedi, macerie, carcasse di aerei abbattuti, carri armati aperti come scatolette di tonno.

Alla regia, il figlio d'arte Fedor Bondarchuk, conosciuto soprattutto per lo sci-fi Attraction, opta per un misto tra azione spettacolare e dramma giostrato sulle caratterizzazione dei personaggi. Una soluzione che dopo il frenetico inizio tende a portare alla stasi fino al pirotecnico epilogo. Su un versante il senso patriottico sovietico, dall'altro la follia del capitano tedesco che avvia una lotta personale guidato da un sentimento distorto che, sotto le sembianze dell'amore, cela una natura dalla spiccata presa egoistica. Il personaggio di Kretschmann prende con la forza ciò che vuole, disattende gli ordini dei superiori, gestisce la donna di cui si è invaghito, peraltro salvandola dalla deportazione ordinata dal colonnello suo superiore che non vede di buon occhio la sbandata dell'uomo, alla stregua di un oggetto di sua esclusiva proprietà e si scaglia in un attacco suicida più per ragioni personali che di istituto.

Di sfondo la battaglia di Stalingrado, con un inizio notevole, tra le fiamme dell'inferno. Gli uomini dell'Armata Rossa combattono pur se avvolti dal fuoco, mentre i colpi delle mitragliatrici e dei mortai tedeschi squarciano il silenzio sepolcrale che contende al grido della morte gli ultimi istanti in cui restituire l'anima a Dio. La guerra è l'inferno. La brutalità delle immagini, pur se edulcorate da un'eventuale violenza esplicitata da nudi femminili (nel film avviene uno stupro fuori campo) o frattaglie in evidenzia, è spiccata. La bestia sostituisce la natura umana, eppure la speranza dell'amore persiste e, alla fine, vince, pur se con un sacrificio totale. L'epilogo, tragico, è da strappa lacrime. La donna russa, peraltro rimasta incinta nell'occasione, dopo esser stata messa in sicurezza, vede perire tutti i “suoi” uomini davanti ai suoi occhi, dopo che gli stessi hanno richiesto un bombardamento da parte dell'aviazione per sgominare gli invasori tedeschi. Il suo pianto è il senso ultimo di questo film che concede meno del previsto all'azione, preferendo l'approfondimento psicologico dei personaggi.

Nomination al Premio Oscar quale miglior film straniero. In Italia, scandalosamente, non uscito nei cinema. Non è da confondere con lo Stalingrad del 1993 (decisamente più votato al war movie), che vede, anch'esso, tra i protagonisti Kretschmann.

Potrebbe risultare a tratti noioso per i fan dei film giostrati sulla strategia militare. Discreti gli effetti speciali (abbastanza computer grafica).

 

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