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Mood Indigo - La schiuma dei giorni

Regia di Michel Gondry vedi scheda film

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La recensione su Mood Indigo - La schiuma dei giorni

di Kurtisonic
6 stelle

Sono le cose che cambiano, non le persone. Michel Gondry delinea la sua cifra stilistica da questa frase del film, per tutto il suo percorso cinematografico. In Mood Indigo realizza un apparato visivo pieno di creatività, immaginazione, elaborazione fantascientifica piene di fascino e di vero godimento per gli occhi. Ma il cinema è sempre, solo, la fabbrica dei sogni? A giudicare dalla produzione del regista non ci sono dubbi, l’eccezione di Se mi lasci ti cancello resta per ora tale, l’inventiva sfrenata dell’autore cedeva progressivamente  in favore dell’interiorità, incancellabili diventavano la perdita, il dolore, i sentimenti, anche dopo un brusco risveglio. Uno sfaccendato ricco e felice Colin, s’innamora di Chloè, la ragazza si ammalerà gravemente e intorno a loro il mondo si trasformerà. Definire affascinante la costruzione delle immagini è riduttivo, la capacità di inventare e di immaginare di Gondry aiutato dalle tecniche di elaborazione più avanzate fanno di Mood indigo un modello didattico da cui prendere lezione, il mondo degli oggetti è in continuo movimento, animati da una vitalità che la bellezza  e la gioia della vita infondono, il loro valore comunicativo si divide equamente fra lo sguardo dello spettatore e quello del regista, e tutto sembra che funzioni. L’ambiente parigino dove si svolge la storia si colloca nel tempo preferito di Gondry, a metà strada fra il pieno compimento della realizzazione tecnologica che si sostituisce alle relazioni e ai sentimenti e all’epoca passata in cui il fermento creativo, innovativo, scientifico, non si discostava da nessun’altra forma del sapere. Dall’alchimia all’ingegneria spaziale, con al centro la crescita dell’uomo in una dimensione che non contempla confini spaziali, materiali o temporali, siamo nel mondo dei sogni però, peccato.. Sembra che il regista voglia riportarci a quel tempo intermedio, ad una dimensione invisibile che i ritmi della modernità ci hanno precluso, disumanizzando l’esistenza,  ribaltata troppo in fretta. I personaggi di contorno, cioè gli amici della coppia sono i meglio definiti, la figura dello scrittore filosofo Jean Sol Partre cui l’amico affamato di soldi di Colin ispira la sua visione del mondo è straordinaria, le scelte che opera Gondry separano l'emotività dei due protagonisti, virando sul consueto circolo chiuso dell’unicità della storia d’amore e dell’impossibilità della felicità. Il film rivela una vera e propria biforcazione dove i personaggi secondari hanno vita propria con vizi, virtù e difetti, mentre quella dei protagonisti è completamente assoggettata alle trasformazioni più o meno simboliche che avvengono intorno a loro, dalle luci ai colori, dagli oggetti animati, dal deterioramento e dall’erosione della casa in cui vivono. L’esistenza dunque come una fiaba dal finale sconosciuto ma che permette di resistere alla vita stessa, sembra dire Gondry, ma solo quando prevalgono la lucidità e la realtà, affiora la stanchezza della verità, la disillusione. Il punto debole di Mood indigo sta proprio in questa dichiarazione tardiva, nell’avere ritardato l’entrata in scena di una comunicazione meno referenziale e più meditata. Gondry si preoccupa troppo di tenere in piedi il suo mondo magico fino alla fine, anche se i rimandi e le trovate scenografiche non si riducono ad un gioco di semplice intrattenimento. Significativa e pungente l’ultima parte, dove si contrappongono le figure di Partre con il topolino, la letteratura e il pensiero con i ricordi, i disegni abbozzati su di un foglietto, come unica vera traccia della memoria.

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