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Viva l'Italia

Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film

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La recensione su Viva l'Italia

di OGM
8 stelle

I soliti luoghi comuni. O, forse, la solita banale verità. Di questa benedetta Italia possiamo sparlare a ruota libera, e senza cognizione di causa. Ben altra cosa è provare a guardare dietro le quinte, cercando di guardare al male dalla prospettiva di coloro che ne sono gli interpreti fantoccio ed i cinici burattinai. La famiglia dell’onorevole Michele Spagnolo fa parte del mondo del potenti, dei raccomandati, dei più uguali degli altri. Il capostipite è il classico politico tanto influente quanto corrotto, nella cui ombra sinistra i figli tirano a campare. Da mediocri privilegiati, come Valerio, amministratore delegato di un’azienda detentrice di un lucroso appalto, o come Susanna,  attrice di fiction di successo. Del loro mestiere non capiscono nulla, eppure ricoprono ruoli di prestigio. C’è, però, anche Riccardo, il loro fratello medico: uno che ha sempre rifiutato le spintarelle paterne, e per questo si ritrova a vivacchiare, tra mille disagi e frustrazioni, in un fatiscente reparto ospedaliero su cui incombe la minaccia della chiusura. Quelle tre esistenze a metà, mutilate, in vario modo,  dal malcostume nostrano, si riuniscono, dopo tanti anni, sotto lo stesso tetto, nel momento in cui il padre viene colto da uno scompenso cardiocircolatorio, che lo lascia con un’imbarazzante menomazione: il suo cervello, privato di ogni freno inibitore, non può più concepire la menzogna. Quell’uomo, che, per professione, aveva fatto della falsità una pratica abituale, è ora costretto a dire sempre tutto ciò che pensa. Data la sua posizione – e in vista delle imminenti scadenze elettorali – Michele deve essere costantemente tenuto sotto stretto controllo: basterebbe, infatti, una sua pubblica esternazione per far crollare l’immagine del suo partito e screditare rovinosamente la sua categoria. Ma, intanto, la sua uscita di scena fa cadere la corazza protettiva che, sino ad allora, aveva preservato Valerio e Susanna dal fallimento personale e dal disprezzo altrui. Un mondo marcio si espone all’aria, e comincia a sgretolarsi. E, nello stesso tempo, viene per la prima volta a diretto contatto con una realtà crudele e ostile, in cui si coltivano le invidie e non si tollerano le ingiustizie. La storia di tutti i giorni si fa improvvisamente complicata anche per coloro ai quali è sempre andato tutto liscio, senza problemi né discussioni. La perdita delle certezze coincide con l’inizio di una fase di ripensamento generale: Valerio e Susanna scoprono l’esperienza della sconfitta, dell’impotenza, delle critiche che feriscono e che impongono un cambio di registro. Non è facile, però, riuscire ad essere onesti e presenti a se stessi in una società in cui più o meno tutti, all’occorrenza, seguono il loro cattivo esempio, negandosi ai valori della convivenza civile e dedicandosi alla prevaricazione. E così i due bambini viziati si ritrovano in mezzo a molti altri individui della stessa risma, soltanto un po’ più smaliziati e intraprendenti. E a molti altri poveri diavoli innocenti, che non esitano più a mandarli a quel paese. Impossibile redimersi, fra tanta furbizia e viltà. Le divisioni si fanno sentire, mentre la commistione di torto e ragione  non smette di alimentare il calderone delle ambiguità, delle solidarietà  mutevoli e confuse, dei fini nobili ma non troppo che giustificano mezzi  non del tutto puliti. Una mancanza di principi che il regista e autore Massimiliano Bruno sottolinea impugnando il libro della Costituzione: una raccolta di frasi importanti scritte nel vuoto, e di altre, fondamentali, che mai sono state redatte. Dopo Nessuno mi può giudicare la denuncia prosegue. In una commedia grande come una nazione, che continua a navigare a vista nella sua grottesca incorreggibilità.

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