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The Lone Ranger

Regia di Gore Verbinski vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su The Lone Ranger

di alan smithee
4 stelle

Il riunirsi del terzetto "re-mida" del botteghino rappresentato da Bruckheimer-Verbinski-Deep incuteva già in me un certo timore mesi addietro, memore del devasto rappresentato dalla trilogia sui "pirati dei Caraibi", che personalmente ho sempre trovato una delle saghe più micidiali, persino peggio di altri "serial" devastanti alla Twilight (e perché no anche Harry Potter). Le previsioni scure, minacciose, quasi temporalesche sul film che riporta in auge invece un personaggio di tutto rispetto, risalente ad esperienze radiofoniche d'avanguardia risalenti addirittura agli anni '30, poi trasferite in televisione in serials di successo, non risultano purtroppo infondate e il filmaccio non ci mette molto a sfoderare tutta la sua inutile roboante messa in scena macchinosa in un rocambolesco susseguirsi di colpi di scena puntuali come ritmi ossessivi e senza sosta di un pezzo pop accattivante all'inizio, ma presto snervante sino all'irritazione. Il tutto organizzato mediante un lungo (lunghissimo e prevedibilissimo) flash-back in cui troviamo un vecchissimo indiano (Johnny Deep che scimmiotta Dustin Hoffman de "Piccolo grande uomo") che racconta ad un bambino curioso le ragioni di un incontro tra due persone fortemente diverse che tuttavia troveranno il modo di rispettatarsi e compiere grandi gesta spesso azzardate e spericolate, ma indispensabili per la salvaguardia degli umili ed oppressi e la disfatta finale degli avidi ed arroganti.
Johnny Deep, che senza malizia da parte mia, ma per puro convincimento personale, ritengo rappresenti uno dei casi più eclatanti di attore hollywoodiano sopravvalutato da oltre un ventennio (non che non sia stato bravo o almeno bravino in passato, ma ora è da tempo piuttosto inguardabile, tutto fissità e mossette, Burton o non Burton che lo coinvolgano) interpreta con la marmorea gigioneria clownesca abituale il ruolo indubbiamente eccentrico ed oscuro (certo non facile, per carità) di Tonto, spalla dell'eroe tutore della legge/fuorilegge che tuttavia presto ruba la scena all'eroe senza macchia; ma non per meriti interpretativi sul giovane e un po' incolore Armie Hammer, quanto per minuti di presenza sullo schermo che soffia al protagonista. Il personaggio di Tonto, ombroso e un po' bizzarro collaboratore di origine pellerossa, immagino sia stato immaginato nella sua caratterialità col desiderio di ripetere l'efficacia, rivalutata nel tempo, dell'indiano pazzerello (spalla dello stesso Deep) presente nel bellissimo Dead Man di Jarmush del '95, quello della celebre battuta "Non puoi fermare le nuvole costruendo una barca" (e di molte altre altrettanto esilaranti e/o assurde invero). In realtà se si ripensa allo splendido film dell'autore di "Stranger than paradise", regista accusato all'epoca di prendere in giro un genere serio come il western, viene voglia di togliere ancora una stella a questo filmaccio inutile e lungo, lunghissimo, estenuante, dove una corsa in treno diventa infinita come un viaggio su un locale di provincia che procede agevolando tutte le precedenze senza mai arrivare ad una fine; un film dove il cowboy e il suo cavallo tostissimo galoppano sul tetto del locomotore e sgommano come i truzzi di Fast & Furious (d'altronde con quel poeta di Bruckheimer in pista che ci si puo' aspettare di diverso?). Se proprio si vuol prendere in considerazione una scena di simile ambientazione ferroviaria (e quindi distruggere definitivamente questo pasticcio infinito), si veda (dovrebbe uscire tra breve) la lunga meravigliosa sequenza del duello tra i due protagonisti di The Grandmaster di Wong Kar Wai: una lotta senza tregua sfiorando un treno in corsa nei pressi di una stazione che mette i brividi a pelle e permette al regista (un vero cineasta, non certo un Verbinski qualunque) di avvicinarsi alla perfezione assoluta. Ma qui siamo altrove: altre nazioni, altri continenti, altri mondi cinematografici che purtroppo restano sempre troppo lontani dal grande pubblico, attratto costantemente e in modo irresistibile da tali inutili mediocrità, dal successo delle quali deriveranno seguiti e cloni se possibile ancor più micidiali.

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