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Pasqualino Settebellezze

Regia di Lina Wertmüller vedi scheda film

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La recensione su Pasqualino Settebellezze

di Gangs 87
10 stelle

Napoli anni ’30 Pasqualino Frafuso è un guappo, unico uomo di una famiglia composta da sette donne tutte di dubbia bellezza, che aspira all’onore e al rispetto. Quando la maggior delle sorelle, ingannata da una promessa di matrimonio, finisce a fare la prostituta, Pasqualino deciderà di ristabilire l’onore della famiglia uccidendo l’uomo che sfrutta la sorella. Finisce prima in un manicomio criminale da dove esce arruolandosi per la guerra. Catturato, viene condotto in un lager tedesco dove commette un altro omicidio, stavolta indotto. Alla fine delle ostilità ritorna a Napoli ma nulla sarà più come prima.

 

Il decimo film da regista di Lina Wertmüller racconta una storia tragicomica utilizzando quel modo grottesco che è proprio della regista e che alterna momenti comici e drammatici in un connubio quasi perfetto che rende la pellicola, triste e ilare al contempo. Utilizzando magistralmente la fotografia, diretta da Tonino Delli Colli è semplice distinguere, nel caso in cui ce ne fosse bisogno, un momento comico da un drammatico. Mentre i primi sono sempre colorati e vivaci, a volte accompagnati da musiche allegre, i secondi sono tetri, grigi e le musiche, quando presenti, ricordano canti funebri.

 

Sembra che la storia di Pasqualino Settebellezze sia una storia vera e che Lina Wertmüller ne sia venuta a conoscenza sul set di un precedente film, per bocca di una delle comparse. La Wertmüller, sentitasi stimolata da una storia tanto singolare, quella di un uomo che dopo essere stato in un lager, si ritrovò a fare la comparsa a Cinecittà, decise di modificarla per renderla il soggetto di una sceneggiatura, geniale.

 

La caratteristica apprezzabile di Pasqualino Settebellezze è la capacità di stupire ad ogni sequenza. L’interpretazione di Giancarlo Giannini, che muta con il mutare inarrestabile del personaggio, plasmato dagli eventi che lo investono, è incommensurabile. Il suo Pasqualino è goffo e intenso, scaltro e ingenuo, vittima e carnefice di una società pronta a cambiare anche contro la sua volontà; uomo “d’altri tempi” schiavo del pregiudizio disposto a perdere tutto pur di non infangare il buon nome della sua famiglia.

 

La pellicola della Wertmüller è bellissima nella sua semplicità.Spiazza per il modo crudo e intenso con cui descrive i campi di concentramento soprattutto per la maniera improvvisa e inaspettata con cui si presentano durante la narrazione. È un saliscendi di emozioni contrastanti che continuano a frullarti in testa e nello stomaco anche dopo la visione.

 

Lo sguardo finale di Pasqualino attraverso quello stesso specchio casalingo che vediamo anche nelle prime scene è così simile eppure così diverso. Se il primo era spensierato e strafottente ma a suo modo vivo, quest’ultimo è egoista, tiranno eppure spento, impresente. Quello sguardo diventa l’emblema di tutto il racconto: un mondo che muta, peggiorando, inesorabilmente.

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