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Gli infedeli

Regia di Emmanuelle Bercot, Fred Cavayé, Alexandre Courtes, Jean Dujardin, Michel Hazanavicius, Eric Lartigau, Gilles Lellouche vedi scheda film

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La recensione su Gli infedeli

di mc 5
10 stelle

Un secondo caso Woody Allen? "To Rome with love" subissato dalle invettive dei critici mi aveva infatti visto nei panni di strenuo difensore della pellicola in cui avevo riconosciuto i consueti tratti geniali del regista americano. Questo film di produzione francese era stato in realtà preceduto da un'assurda polemica attinente a dei manifesti pubblicitari ritenuti esageratamente maschilisti per via di alcune immagini maliziose. Ma il punto è un altro. Il film è stato trattato con ostentata sufficienza dai nostri critici, alla stregua di un'insulsa commediola o poco più. A mio avviso le cose stanno diversamente. Premetto che si tratta di una rappresentazione in chiave agrodolce e farsesca delle debolezze amorose-sessuali dei maschi francesi (ovviamente presi ad emblema di tendenze universali). Ciò detto, io mi chiedo (domanda retorica?) perchè buona parte della critica riesca ad "inquadrare" un cinema scorrettamente maschilista e volgarotto assai quando questo proviene dai fratelli Farrelly o da Judd Apatow, mentre quando un approccio analogo viene operato dai francesi i suddetti critici storcono il naso ed appioppano subito l'etichetta di stupidaggine. Che poi, mi sia permesso uno sfogo, non se ne può davvero più di gag basate su escrementi, liquidi vaginali, sperma (sì, lo sperma va via come il pane e -lo ricorderete- fu sdoganato da Cameron Diaz). Che poi, è anche da questi dettagli che si riscontra quanto queste commedie USA siano costruite a misura di pubblico giovanile. Tralasciamo poi per questa volta il solito discorso sull'ipocrisia e la doppia morale fastidiosa che si nasconde dietro questo genere di commedie americane, della serie: vabbè le notti da leoni, i coca party, le sbronze, le escort in albergo, gli scherzi fatti utilizzando materiali organici, va bene tutto, purchè alla fine ognuno torni a casa propria, al focolare dalla tenera mogliettina che saprà perdonare con un bel bacetto. Ma siccome ho divagato anche troppo, torniamo ai nostri "Infedeli" francesi. Intanto la volgarità presente in questa pellicola si coniuga intelligentemente con un retrogusto amarognolo che rende il tutto molto più interessante. Vorrei chiarire un punto. Anche in questo caso, come nei citati film volgari americani, abbiamo dei mariti fedifraghi che alla fine tornano all'ovile famigliare, ma la differenza è che questi ci tornano scornati e depressi, con le ossa rotte, e le loro derive umane fallimentari propongono una riflessione amara al pubblico. La loro immaturità non ne esce simpaticamente esaltata ma duramente sconfitta. Sconfitta sì, ma dal buon senso e dalla Vita, non da un banale giudizio moralistico. E poi c'è la cosa forse più bella. Per dichiarazione degli stessi autori (qui c'è una "squadra" di registi), questo film ha una ispirazione precisa: il cinema-commedia italiano degli anni 60 e 70. Su tutti l'immenso Dino Risi, senza trascurare Monicelli e Salce. I nomi (gloriosi) sono quelli che conosciamo ed amiamo: "I Mostri", "Sessomatto", "Vedo nudo" e tanti altri. E da quel cinema viene mutuata anche la classica struttura a episodi. Qualcuno (come prevedevo) ha sentenziato che il richiamo a questi ultimi nobili riferimenti non sarebbe "degno". Io ritengo, al contrario, che il film ripercorra quel solco con adeguata coerenza e che, insomma, quel cinema venga evocato con lo spirito giusto. La sapienza degli autori-registi va individuata soprattutto nel buon equilibrio tra risate e malinconia, tra comicità e momenti amari che a tratti paiono sconfinare nel dramma. Nel film sono presenti diversi episodi, intervallati da tre siparietti che sono poi tre episodi brevissimi e fulminanti (che di fatto raccolgono tutta la volgarità del film, quasi assente negli altri "blocchi"). Le situazioni narrate sono troppe per poterle qui elencare tutte. Mi limiterò a riferire dei tre episodi più malinconici e riflessivi, che sono poi quelli potenzialmente più interessanti per un pubblico cinefilo. Abbiamo un seminario aziendale che ha come sfondo il classico albergo deputato a questa funzione. Esauriti i compiti lavorativi, i dipendenti si ritrovano la sera nell'angolo bar per bere e chiacchierare. C'è uno di loro che è particolarmente combattivo sul piano erotico e più che mai determinato a tornare con qualche "trofeo". Ma gli andrà molto male, ne uscirà umiliato e farà ritorno in famiglia rassegnato e con le pive nel sacco. Poi c'è la storia di un affermato dentista che -soffocato dal tran tran famigliare - pare trarre nuova linfa ed energia dal rapporto con una ragazzina appena maggiorenne. Che gli fa ovviamente perdere la testa, al punto che egli realizza troppo tardi che lei lo sta solo manipolando per divertimento o per noia. Naturalmente, anche lui tornerà (avvilito e scornatissimo) al cospetto della moglie, farfugliando qualche ridicola bugìa. E infine l'episodio più teso ed impegnativo, in cui osserviamo una coppia che, all'apparenza perfetta e in totale sintonia, in realtà cova rancori mai confessati. Ed è così che, al termine di una serata fra amici, i due si scatenano in una resa dei conti che si estrinseca in una sorta di violento psicodramma, in cui affiora il lato peggiore di entrambi. Ovvio che, il mattino seguente, i due coniugi sono già pronti, davanti al figlioletto che fa colazione, a rimettere in scena il consueto teatrino della "coppia borghese perfetta". E adesso due parole a proposito di un cast che fa davvero la differenza. Accennavo prima a chiari riferimenti alla stagione migliore della commedia ll'italiana. E allora completiamo il discorso, dicendo che i due mattatori assoluti del film, gli strepitosi Jean Dujardin e Gilles Lellouche, fanno di tutto per fornirci elementi che possano ricondurci alle "maschere" (rispettivamente) di Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. Calma, nessuno gridi al sacrilegio: amo troppo i due attori appena citati per permettermi la follia di un confronto; mi limito ad apprezzare la scelta di adottare due riferimenti così alti e nobili. Dujardin e Lellouche si dimostrano istrioni magnifici, autentici maestri della commedia e del trasformismo. Attorno a loro si muove un gruppo di bravi attori, in verità soprattutto attrici. E tra queste segnalo l'ottima Sandrine Kiberlain, già ammirata in svariate altre pellicole francesi, e qui impegnata nel singolare ruolo di conduttrice di sedute di "soccorso psicologico" riservate a mariti che vorrebbero guarire dalla dipendenza dall'adulterio compulsivo. Per ultima, una particolare segnalazione per la performance probabilmente più impegnativa del film, quella della stupenda Alexandra Lamy (peraltro nella vita compagna di Dujardin). Nell'episodio che la riguarda, la Lamy è oggetto di lunghi e numerosi primi piani che ne evidenziano il fascino e la classe. Un fascino particolare il suo, quello di un viso irregolare che finisce per trasformare le imperfezioni in strumenti di seduzione femminile. E infine un cenno ad una colonna sonora che lascia felicemente interdetti per la varietà dei generi musicali adottati (dai Black Keys a Dean Martin, da Sam and Dave ai Coldcut...ma soprattutto tre chicche da leccarsi i baffi: Charles Trenet con "Fidéle", Robert Mitchum -sì lui, l'attore!- con "Jean and Dinah" e i fantastici potentissimi Sonics con "Have love with travel"). Concludendo. Lasciate perdere le commedie demenziali americane; trattatevi bene: non perdete questo gioiello di commedia francese dai risvolti malinconici.


Voto: 10

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