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Mud

Regia di Jeff Nichols vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mud

di ed wood
8 stelle

Un film vecchio stile, classico, lineare, controllato, trasparente: in una parola, “straight”. Come se ne vedono sempre di meno a Hollywood, nell’era dei mind-game movies. “Mud” ricapitola parecchi dei principali percorsi che il cinema e la letteratura statunitense hanno affrontato nel corso del tempo. C’è il Reiner di “Stand by me”, ad esempio (chissà quanto è voluta la somiglianza fisica del co-protagonista biondo col compianto River Phoenix?), ma c’è anche il Mark Twain dei suoi Huck Finn e Tom Sawyer. Da entrambe le possibili fonti d’ispirazione, viene ripreso quel senso di avventura adolescenziale, il racconto di formazione, il fascino della scoperta, la perdita dell’innocenza, l’incontro col mondo violento e cinico degli adulti.

 

Come i recenti doc di Minervini o “Re della terra selvaggia” di Zeitlin, è ancora l’America profonda, povera, quella delle palafitte sui fiumi del Sud rurale, a fare da scenario. Non c’è però il neutrale iperrealismo del documentarista marchigiano, né il realismo magico del newyorkese . C’è il puro e semplice racconto hollywoodiano, squisitamente artificioso sino all’improbabile, rigorosamente narrativo, perfettamente bilanciato fra scene madri ed altre ancillari. C’è una precisa definizione e gerarchia di caratteri e psicologie. C’è una rivelazione progressiva di dettagli sul passato dei personaggi, senza che per questo si cada nel sensazionalismo dei colpi di scena. Nichols dirige con mano sicura, senza forzare nulla e senza ridurre i personaggi a mere funzioni di un meccanismo narrativo.

 

Film placido eppure insidioso, come le acque del fiume percorso dai due ragazzini per raggiungere l’isola dove si nasconde Mud: dietro la pacatezza della messinscena si celano conflitti e ambiguità, che l’ottima fotografia sa bene evidenziare con penombre e altri accorgimenti luministici. In questo film così limpido eppure così denso e stratificato, non privo di misurati simbolismi e parallelismi, oltre alla violenza sommersa, alle colpe del passato che ritornano (come in “History of violence” di Cronenberg o in tanto cinema noir), all’amour fou fra due spiriti liberi e balordi (come nei migliori melodrammi), alla confusione fra legge e wilderness (come nel western o nel poliziesco) emerge il tema assillante della figura paterna, qui addirittura triplicata: il rapporto conflittuale fra il protagonista Ellis (un ottimo Tye Sheridan) e il padre naturale; quello affettuoso ma pericoloso con il padre ideale Mud; quello putativo fra Mud e l’ex cecchino Tom (un eccezionale Sam Shepard). In questo discorso tutto al maschile, sono le donne a pagare dazio: la madre e la fidanzata di Ellis, l’amante di Mud sono tutte personalità mediocri e meschine.

 

Un film così riuscito nella sua umile impostazione classicista non poteva che essere impreziosito da un finale palpitante, con un gunfight notturno degno dei migliori western, girato con tempismo impeccabile e pathos perfettamente dosato.  

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