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Doppio gioco

Regia di James Marsh vedi scheda film

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La recensione su Doppio gioco

di mc 5
10 stelle

Gran bel film, carico di malinconìa, di dolore e di tristi presagi, senza per questo essere "mortifero". Sì, perchè questa malinconìa ti avvolge e alla fine ti comunica un senso di inquietudine, però di quella che ti fa stare bene. Film assolutamente rigoroso ed asciutto, senza un filo di sbavatura, che ti mantiene in attenzione per tutti i suoi cento minuti. Una visione che conquista e appassiona, soprattutto perchè agevola in ogni modo lo spettatore nel calarsi nella realtà politica e storica che fa da sfondo ad una vicenda imperniata su sentimenti dolorosi, sul meccanismo del sospetto, sul peso dei sensi di colpa. Lo scenario, pesantissimo e coinvolgente, è quello del conflitto in Irlanda del Nord nei primi anni 90, dunque tempi cupi, tempi di sospetti e di tensione, dove a dominare è il senso di paura innescato dai terroristi dell'IRA. E qui apro una piccola parentesi, del tutto personale, sulla quale sono pronto a confrontarmi con chiunque. Sul tema del terrorismo affermerò quanto già detto commentando altre pellicole di analoga ambientazione; vale a dire che, senza entrare nel merito di ciò che muove le azioni rivoluzionarie (dall'IRA stessa alle BR passando per i ribelli baschi), io ritengo che il terrorismo porti con sè, alla fine, due soli sbocchi spettrali: la Morte e la Paura. Lascio ad altri indagare sul quanto e sul come la lotta per l'indipendenza possa giustificare azioni violente predisposte nell'ombra e nell'anonimato: io resto dell'idea (fermissima) che i passamontagna mi fanno e mi faranno sempre paura, qualunque ideologia si nasconda dietro quelle maschere, soprattutto quando ci si addentra in quei terreni franosi nei quali diventa complicato distinguere un anarchico da un black bloc. Chiusa la parentesi, torniamo al nostro bel film. Colette vive in prima persona il dolore del conflitto fin dalla tenera età, quando vede ammazzare il fratellino dalle forze di sicurezza britanniche e quell'evento la inseguirà per tutta la vita; ed è per espiare la colpa di non aver potuto impedire quell'episodio che darà il suo contributo alla causa dell'IRA, causa peraltro alla quale anche il resto della famiglia è devota. Ma per lei è diverso. I suoi due fratelli vivono questa adesione come dei soldati che mettono la militanza e l'ideale sopra ogni altra cosa, mentre Colette è più fragile, o forse più sensibile, perchè in lei è lo spirito di Madre a prevalere sull'ideologia rigida e cieca. Lei non è un robot pronto ad eseguire ordini, ma una creatura che non si vergogna di coltivare dei sentimenti, che antepone la dignità della persona alla fierezza della combattente. Il film inizia con la nostra protagonista che conduce (a Londra) un'azione terroristica con modalità talmente maldestra da vanificare l'esito dell'attentato e dunque verrà subito bloccata dagli inglesi ed accompagnata nei locali top secret dei "Servizi" antiterrorismo. E qui conoscerà una persona (un certo Mac) che cambierà il corso della sua vita. Si tratta di un agente dei servizi segreti senz'altro ligio al proprio dovere, ma con alcune falle nella sua granitica fedeltà che lo porteranno ad avvicinarsi, anche sentimentalmente, a Colette. La quale potrà scegliere tra due sole opzioni. O venire incarcerata per una trentina d'anni e dunque subire una lacerante separazione dal suo bambino, oppure tornare nella sua Belfast fungendo da "Shadow dancer" (vero titolo del film), vale a dire da "confidente doppiogiochista". Si tratta di un dilemma pesante come una montagna, ma alla fine Colette, come ci si aspetta da lei, sceglierà di non perdere il suo amatissmo bambino. Ma questa è solo l'impalcatura della vicenda, perchè lo spettatore si farà avvincere soprattutto da ciò che ne consegue, e cioè dall'opprimente, estenuante e a tratti quasi insostenibile clima di sospetto che circonderà la disgraziata Colette. Un clima che pare riflettersi sia negli interni soffocati che negli esterni che sembrano senza via d'uscita. E concludiamo con alcuni dati tecnici. Il bravissimo regista James Marsh (peraltro vincitore di un Oscar nel 2009 nel settore documentari), si è affidato al soggetto e alla sceneggiatura di Tom Bradby, uno che conosce bene ciò di cui parla, avendo fatto il reporter per la tv proprio negli anni più caldi di quel drammatico conflitto. Quanto al cast, esso si compone di una moltitudine di volti inequivocabilmente irlandesi, tutti attori eccellenti ma di cui non posso dire nulla, essendomi essi per lo più fino ad ora sconosciuti. Va invece evidenziato l'assoluto valore delle prove offerte dai due protagonisti. Andrea Riseborough (attrice pluripremiata nella sua Inghilterra quanto sconosciuta da noi) è stupefacente nell'esprimere fisicamente tutto il suo carico di dolore e di passione. Clive Owen lo conosciamo bene, ma qui ci sorprende per un suo approccio inedito: trattenuto, rigoroso e malinconico come non lo avevamo mai visto prima. Insomma, in questa estate di sciocche commedie americane e di baracconi in forma di blockbuster gonfi di Nulla, un film come questo è una gioia per il cuore.


Voto: 10

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