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Nessuna pietà per Ulzana

Regia di Robert Aldrich vedi scheda film

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La recensione su Nessuna pietà per Ulzana

di rocky85
9 stelle

"Lei odia gli Apache, signor Mackintosh?" "No." "Beh, io si!" "Non la consolerà molto, tenente, ma le assicuro che non è il solo. Molti uomini bianchi qui la pensano come lei." "Perchè lei non li odia come me?" "Sarebbe come odiare il deserto perchè non c'è acqua... A me basta semplicemente avere una grande paura di loro".

"Lei odia gli Apache, signor Mackintosh?"

"No."

"Beh, io si!"

"Non la consolerà molto, tenente, ma le assicuro che non è il solo. Molti uomini bianchi qui la pensano come lei."

"Perchè lei non li odia come me?"

"Sarebbe come odiare il deserto perchè non c'è acqua... A me basta semplicemente avere una grande paura di loro".  

 

Arizona. Il crudele capo apache Ulzana scappa dalla riserva indiana di San Carlos insieme ai suoi uomini, e comincia una fuga costellata di spargimenti di sangue e di truci assassinii. Sulle sue tracce si mette un plotone di cavalleria, al comando del giovane ed inesperto tenente de Bruin (Bruce Davison), al quale viene affiancato il vecchio scout Mackintosh (Burt Lancaster).

Nel 1954 Robert Aldrich, al suo terzo film da regista, aveva realizzato insieme a Burt Lancaster (attore e produttore) L’ultimo Apache, uno dei primi western che si proponeva di inquadrare la questione indiana sposando il punto di vista degli apache, popolo fiero e orgoglioso costretto ad abbandonare le proprie terre, e raccontando la ribellione del guerriero Massai. In quel contesto Aldrich proponeva, soprattutto su imposizione della produzione, una possibile via alla convivenza tra l’uomo bianco ed i pellerossa. Quasi venti anni dopo, Aldrich torna a ripercorrere le ambientazioni e le tematiche di quello che fu il suo primo western da regista. Il nome del protagonista principale è un omaggio stesso al personaggio dello scout interpretato in quella occasione da John McIntire. Ma col passare degli anni, Aldrich è diventato sempre più pessimista e radicale. Nessuna pietà per Ulzana azzera qualsiasi speranza di pace tra i due popoli. Bianchi e indiani sono destinati inevitabilmente a scannarsi tra di loro, sempre più crudelmente e irrazionalmente. Non ci sono buoni né cattivi, semplicemente due mondi diversi, due culture differenti che non potranno mai convergere nello stesso punto di vista: odiare gli apache sarebbe come "odiare il deserto perchè non c'è acqua".

I protagonisti rimangono spesso increduli davanti alla ferocia ed alla insensatezza dei comportamenti degli indiani. Il tenente de Bruin, figlio di un pastore, è combattuto tra la comprensione iniziale e l'odio, che diventa sempre più forte durante il corso degli eventi. Ed è il personaggio che Aldrich identifica più di tutti con lo spettatore. Dall'altra parte l'anziano scout Mackintosh, interpretato da un magnifico e commovente Lancaster, è sposato con una donna apache, li capisce ed ha un atteggiamento disincantato nei loro confronti. La regia di Aldrich ci regala momenti entusiasmanti, come quello di Mackintosh che insegue i due indiani nella prateria, ed il massacro finale nella gola del canyon. La sceneggiatura poi, firmata dal grande Alan Sharp, è davvero straordinaria e non fa sconti all'ottusa gerarchia militaresca.

"Sherman ha detto che se l'Inferno e l'Arizona fossero suoi, vivrebbe all'Inferno e affitterebbe l'Arizona" 

"Signore, se non sbaglio si riferiva al Texas"

"Può darsi, ma alludeva all'Arizona!".

Magnifico.

 

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