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4:44 L'ultimo giorno sulla Terra

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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La recensione su 4:44 L'ultimo giorno sulla Terra

di maurizio73
5 stelle

New York city, interno sera, un uomo e una donna passano le ultime ore in attesa dell'imminente fine del mondo (prevista per le 4:44 AM ora della Costa Est americana e dovuta all'irrimediabile assottigliamento dello strato di Ozono), tra le reciproche effusioni, i contatti via Skype con i familiari lontani,le crisi isteriche di lei e nichiliste di lui ed il rumore di fondo di un'umanità in religiosa contemplazione che filtra da tutti i dispositivi e terminali elettronici accesi e sparsi per la casa. La fine, 'con giusto avviso ma senza possibilità di scampo', arriverà inesorabile e definitiva cogliendoli, ormai rassegnati, nell'ultimo disperato abbaccio.

 

Locandina originale

4:44 L'ultimo giorno sulla Terra (2011): Locandina originale

 

Presentato in concorso al 68° Festival di Venezia del 2011, questo dramma da camera sotto le mentite spoglie di una piccola ballata apocalittica giocata sui toni minimalisti di un sobrio intimismo naturalista, è in realtà un tentativo di esplorare da un punto di vista particolare la pluralità di sentimenti e di reazioni dell'umanità messa di fronte all'irreversibile conseguenza di una scellerata politica di sfruttamento delle risorse del pianeta e della sua inevitabile estinzione. Se le intenzioni di Ferrara appaiono lodevoli nell'indagare il complesso rapporto con la morte tanto da un punto di vista individuale che collettivo, non altrettanto interessante e riuscito appare il risultato di una messa in scena che privilegia il pedante accumulo di una serie infinita di luoghi comuni da 'manuale di fine millennio' (tra gli anatemi ecologisti di Al Gore alle sviolinate animiste del Dalai Lama) e l'irritante trama di relazioni interpersonali, pretestuose e fittizie, che si risolvono nel disinnescare la paura escatologica della fine del mondo ('...Cari fratelli dell'altra sponda cantammo in coro giù sulla terra, amammo in cento l'identica donna, partimmo in mille per la stessa guerra. Questo ricordo non vi consoli quando si muore si muore si muore soli..') con l'involontaria parodia pacifista del 'volemose tutti bene' o del raduno mediatico di folle oceaniche presso i principali centri di culto monoteista (e tutti gli altri,il miliardo e passa di cinesi senza Dio che fine farebbero?), piuttosto che su scala ridotta il privilegiare inevitabilmente le relazioni affettive o spararsi, in molti sensi, gli ultimi 'colpi in canna' ('Prendilo finchè puoi!' recita con civetteria un'ammiccante biondina alla fine del film).

 

 

Il Dalai Lama

 

Dunque nessuna reazione scomposta che suggerisca gli scenari devastanti di un inevitabile anarchismo pre-apocalittico, quanto la pacata reazione di un'umanità matura e consapevole che, con calma buddista e nonostante abbia contribuito alla fine del mondo, resta professionalmente al proprio posto di lavoro per garantire la continuità delle trasmissioni radio-televisive, la produzione di energia elettrica (cosa che manco in 'The Day the Earth Stood Still '...) e le indispensabili connessioni internet. 

 

The Day the Earth Stood Still (1951): Robert Wise

 

Inattendibile sul versante del realismo sociale, risulta poi stucchevole su quello di una insulsa simbologia della rinascita (il serpente e le manchevolezze della cultura occidentale...) che riecheggia frammentario e confuso dal sottofondo di parole e immagini che sembrano a tratti sovrastare le voci ed i volti dei due attoniti protagonisti, ricapitolando le suggestive teorie di un ultimo, definitivo, saggio sociologico sull'ineluttabile tramonto della civiltà umana. Insomma, tra amenità New Age ed i tentativi di 'prender una donna tutta intera' si rischia veramente il ridicolo; ne sa qualcosa Von Trier con il suo 'Melancholia', curiosamente presentato lo stesso anno al Festival di Cannes. La fine del mondo...ai tempi della medialità.

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