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Cogan - Killing Them Softly

Regia di Andrew Dominik vedi scheda film

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La recensione su Cogan - Killing Them Softly

di supadany
7 stelle

Sono trascorsi cinque anni da quando Andrew Dominik ha lasciato il primo segno compiuto della sua intraprendenza (“L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford”, 2007) ed era atteso al varco da molti (non per niente questo film era in concorso al Festival di Cannes).

Con ogni probabilità si tratta di un passo indietro, ma anche questo film presenta alcuni tratteggi decisamente interessanti, un po’ penalizzati da alcuni aspetti intrinseci (la storia di fondo non ha un respiro profondissimo) e da alcune scelte personali.

Due furfantelli (Scott McNairy e Ben Mendelsohn) compiono una rapina ai danni di personaggi importanti della malavita e Jackie Cogan (Brad Pitt) è assoldato dalle vittime per trovare e punire i responsabili.

Non gli ci vorrà molto per capire chi sono i responsabili, ma non colpirà solo loro dato che la cosa principale è riportare tranquillità per cui già essere tra i sospettati diviene una colpa senza scampo.

 

 

Lo sguardo che pervade il film è tutto fuorchè rassicurante, d’altronde il tempo dei sogni (e con essi c’è ovviamente quello tipicamente americano) è cessato e gli affari prevalgono su tutto, un po’ di sangue in più non è un problema se non per l’aspetto del compenso, dato che si ragiona pe morti ammazzati.

Così assistiamo ad una rapina dai tratti essenziali ed a tutto quello che ne consegue, a partire da un pestaggio crudissimo (vittima il personaggio interpretato da Ray Liotta), l’assoldamento del killer ad aiuto (la presenza del mai troppo compianto a sufficienza, e qui malinconico, James Gandolfini distrugge emotivamente a conti fatti) e tutta la lunga fase terminale.

Situazione arricchita dalla “burocrazia” criminale, da un fatalismo esistenziale di fondo che sfocia nel cinismo massimo, per una cupezza che arriva anche alla critica sociale ed in tal senso lo scetticismo è altissimo anche se i richiami da voce over (spesso nei luoghi chiusi c’è un televisore acceso sulla politica americana, tra Bush ed Obama e la famosa campagna elettorale del “we can”) sembrano fin troppo sostenuti e non sempre giovano.

Quello che ne viene fuori è un film dal complemento formale sopra la media, con una trama minimale rinvigorita da alcuni dialoghi ben articolati (tra i due rapinatori, tra Richard Jenkins e Brad Pitt e soprattutto tra quest’ultimo e Gandolfini) che probabilmente eccede in qualche contrappuntatura senza riuscire a chiudere al meglio tutto quanto proposto.

Tutt’altro che indimenticabile, ma volutamente impervio e consapevole, il che vale il prezzo del biglietto (ed il tempo della visione che forse poteva essere maggiore).

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