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Un'estate da giganti

Regia di Bouli Lanners vedi scheda film

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La recensione su Un'estate da giganti

di PompiereFI
4 stelle

Una tranquilla estate di paura. È quella che attende tre ragazzi della Vallonia, regione belga ricoperta per la maggior parte da foreste. Ispirandosi a questo ammasso di boscaglia, le vicende dei ragazzini appena quindicenni, tra cui uno ha da poco superato i tredici anni, si fanno subito intricate. Abbandonati da genitori e parenti, Zak, Seth e Dany vivono in case disabitate e senza soldi a disposizione. La voglia di fuggire si fa sempre più forte.

 

Dominata da atmosfere country fuori contesto (di per se’ belle, per carità, ma sembra di stare nel Sud-Ovest degli Stati Uniti piuttosto che in Belgio) la narrazione non avrebbe una genesi anglosassone, eppure ci si sforza di renderla internazionale attraverso un linguaggio archetipico, oltretutto tiepido. La storia non può non rimandare allo stile di “Stand by me”: la voglia di indipendenza, la ricerca della maturità a tutti i costi, l’indigenza (questa è nuova), la paura delle paure (gli imberbi sono circondati da minacciosi mostri giganti, uomini cretini preferibilmente deformati) che spinge a fare cose più grandi delle effettive capacità. Peccato che a scriverla non ci sia quel genio di Stephen King, uno dei pochi autori in grado di capire l’età prepuberale e a renderla intima, vera e nostalgica.

 

Qui troviamo solo una generica voglia di raggiungere la Spagna, creduta una chimera e isola salvifica. Ma si sa, can che abbaia non morde. E l’addomesticamento è facile: basta il sorriso a scrocco de “la signora del tempo che vola” (Marthe Keller), evidentemente l’unico e semplice rimedio alle scalmane. Con lei torna tutto in ordine: la spensierata babilonia viene dimenticata all’istante come fosse intervenuta una Super Tata Lucia.

Ciò dovrebbe bastare a far capire quanto gli altri grandi siano cattivi, sbullonati e fuori di testa (ma perché poi ridurli TUTTI così? Non viene il sospetto di esagerazione? Non si annusa il finto abisso pulp sul quale vengono condotti ingiustamente questi sventurati garzoni?). Certo, è più facile interagire con un rendiconto che funziona al contrario: probabilmente è per questo che non c’è traccia alcuna dei motivi dell’abbandono fisico ed economico. Un cellulare che squilla al momento opportuno è ritenuto più che sufficiente.

 

Premiato alla Quinzaine des Réalizateurs a Cannes 2011, forse per le interminabili riprese di alberi e fili d’erba mossi dal vento nonché degli incantevoli boschi e fiumi, per descrivere bene il passaggio dalla preadolescenza all’età adulta ci sarebbe stato bisogno di molto molto di più. Questi ragazzini così furbi (giganti?), cadono nelle trappole più malevole come fossero merli. Quello del solitamente bravo Bouli Lanners è un autolesionismo cinematografico che rovina l’emozionalmente potente colonna sonora e l’interpretazione dei tre giovani protagonisti; soprattutto quella del più piccolo, Zacharie Chasseriaud, il quale merita il Premio Minzione Speciale dell’Anno.

 

 

“Con i tuoi occhi sarai la signora del tempo che vola,
con la tua bocca sarai la regina del tempo che va.
Qualche minuto di fantasia, poi andremo via.
Ogni momento può avere un momento di poesia”.  “La signora del tempo che vola”, E. Ruggeri.

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