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This Must Be the Place

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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La recensione su This Must Be the Place

di Kurtisonic
6 stelle

Si può resistere davanti a un videoclip lungo quasi due ore? Si, basta lasciarsi sedurre dal mosaico di immagini e suoni accattivanti, come il nostro regista Sorrentino sa fare bene. Non chiediamoci troppo e magari chiediamogli anche altro, però. Il linguaggio prevalente è quello del videoclip musicale, fotografando immagini a raffica ma senza un collante forte, a secondo della situazione unite da un esile filo comunicativo che basta allo spettatore per non rimanere con un fiammifero spento in mano. Sorrentino è un pò troppo preda della rock star in declino Cheyenne, alias Sean Penn, ma quando non gli concede totalmente la scena, e la cosa succede raramente, esalta lo sfondo colorando immagini, esibendo inquadrature paraboliche che quasi segnano la distanza col personaggio. Ne risulta una figura iconografica e patetica, che bene si addice alle ex rock star del vecchio millennio, con quel carrellino di materialità e di banalità che si porta appressopiù  per dovere istituzionale che per necessità. Cheyenne incarna lo spirito e il destino di una generazione sconfitta al suo interno, anzichè dall'impossibilità di modificare quel mondo che contestava."Sai qual'è il dramma vero, passare in un attimo dall'età in cui tutto è possibile a quando tutto è già stato fatto" è la sentenza che sputa Cheyenne, ma la sua presa di coscienza non avviene dopo una realistica analisi interiore, ma è costruita a tavolino dalla regia che gli confeziona un road movie a ritroso con testo a fronte. Fortunatamente nella parte "americana"il cinema alza un poco la testa, pur con qualche caduta di stile il film si giova dell'ingresso di nuovi attanti quali la cameriera, la ex insegnante, l'inventore del trolley e soprattutto il cacciatore di ex criminali di guerra. Sorprendentemente bella la soluzione della vicenda con l'ex nazista che la rock star sta cercando, anche se resta il sospetto che sia un ammiccamento assolutorio di quella generazione di rivoluzionari falliti di cui fa parte. Dunque un'operazione fuori confine da rispettare, certo, ma che risulta troppo protesa a esibire un'estetica abbagliante, con un testo poco incisivo che non contribuisce a sostenere la forza della storia. Magari coinvolge i sensi dello spettatore, finchè è dentro la sala, ma che difficilmente colpisce al cuore.

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