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Une histoire d'eau

Regia di François Truffaut, Jean-Luc Godard vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Une histoire d'eau

di FABIO1971
8 stelle

"Un giorno ho visto che c'era stata un'inondazione nella regione di Montereau, dove ero stato in colonia dalla partenza dei tedeschi fino all'arrivo degli americani, e ho detto a Braunberger, il produttore che aveva più in fiducia in me: "Se mi dà la pellicola, parto con Jean-Claude Brialy ed una ragazza e cerchiamo di improvvisare qualcosa sulle inondazioni". Chabrol mi ha prestato l'automobile e siamo partiti. Abbiamo lavorato due giorni, ma mancava una vera storia. Siccome mi limitavo ad improvvisare le inquadrature, non ero contento del mio lavoro. Al ritorno ho detto a Braunberger: "Hai perso 600 metri di pellicola". Poi Godard ha chiesto di visionare i giornalieri e ha detto che si sarebbe divertito a montarlo".
[François Truffaut - da Oreste De Fornari - I film di François Truffaut - Gremese Editore, 1990]

"Ogni cosa è citazione".
[Jean-Luc Godard]

L'inondazione della Senna nel febbraio del 1958 ha devastato le campagne intorno Parigi. Da Villeneuve-Saint-Georges, una delle tante cittadine "tra le Alpi e l'Île-de-France" isolate dalla piena del fiume, una ragazza (Caroline Dim), "un gatto con gli stivali che dalla periferia va all'avventura, come il famoso Arthur Gordon Pym che i miei concittadini imitano", racconta il suo viaggio fino all'università a Parigi. Attraversa in barca le strade inondate dalle acque, mentre il montaggio alterna le sue peripezie con le immagini della popolazione alle prese con le drammatiche conseguenze della sciagura: "Faccio l'autostop e mi imbatto in un tipo niente male. Ora filiamo insieme verso Parigi: dobbiamo superare in velocità l'inondazione per cercare di raggiungere la strada statale prima dell'acqua". Impresa tutt'altro che semplice, neanche deviando attraverso campi e sentieri: "Quando l'acqua ostacola il nostro cammino, facciamo marcia indietro. L'auto sembra una piccola volpe che, correndo fra i sentieri, finisce sempre con il muso nell'acqua!". Ogni tanto il racconto della ragazza, distratta dalle continue deviazioni del tragitto e dalle riflessioni che quell'evento così straordinario evoca nella sua mente, si perde in qualche divagazione, interrotta ben presto dalle avances del suo compagno di viaggio (Jean-Claude Brialy): "Il tipo non mi fa la corte, non dice che ho le orecchie aristocratiche o un seno stupendo, parla solo per vantare i meriti della sua macchina e la sua voce si unisce al rumore del vento", afferma la ragazza prima di capitolare definitivamente di fronte ai tentativi di seduzione dell'uomo. A forza di deviare continuamente strada, scoprono, però, di aver girato in tondo e di essere tornati al punto di partenza, ma non si scoraggiano e riprendono il loro viaggio: "Passiamo improvvisamente da un paesaggio ad un altro. Il mio amico dice che non sono una ragazza seria. Secondo me il dramma è che oggi tutto è diventato serio: non si fischietta più per la strada, si lavora soltanto per senso del dovere ed anche l'arte è diventata seria". Finalmente ritrovano la strada per Parigi e la loro Ford Taunus può sfrecciare verso la città: "L'autista accelera ed il mio desiderio d'amore non diminuisce. Succede sempre così: pedali forte ed avanzi tanto, pedali piano e non avanzi tanto. Alla fine arriviamo quando l'acqua è già ai piedi della torre Eiffel. Sono felice: avevo detto a questo ragazzo di non abbracciarmi, lo avevo definito un cicisbeo, ma forse dormirò con lui stanotte. Ho capito che se l'acqua inonda la Francia, io sono felice".
Une histoire d'eau (1958), "omaggio a Mack Sennett" (come lo stesso Godard esplicita nel finale, durante la recitazione dei credits del film), nasce come progetto individuale (ed improvvisato) di Truffaut, che esordirà l'anno seguente nel lungometraggio con I quattrocento colpi, dopo i due corti Una visita (1954) e L'età difficile (1957). Partito per le zone flagellate dall'inondazione, Truffaut, che non aveva alcuna intenzione di girare un semplice documentario ("Ho sempre preferito il riflesso della vita alla vita stessa") ma intendeva soltanto sfruttarne gli scenari, abbandona, dopo pochi giorni di riprese, la lavorazione del film di fronte al dramma degli abitanti del luogo per i danni subiti. Sarà lo stesso Godard, impegnato nella realizzazione del suo secondo cortometraggio, Opération "Béton", che, visionato il materiale, proporrà a Truffaut e al produttore Pierre Braunberger di rimetterci mano: ottenuta l'autorizzazione a rimontare il film, Godard accentua, grazie all'alternanza tra riprese documentaristiche e finzione e al commento della voce fuori campo, l'approccio ironico e giocoso alla vicenda sentimentale dei due giovani protagonisti, immergendo la cronaca delle loro traversie e delle loro schermaglie amorose in un suggestivo e frenetico controcanto di citazioni e riferimenti letterari, vero e proprio paesaggio "narrativo", più che un mero sfoggio di digressioni dotte, da affiancare/sovrapporre, tra boutades, aneddoti e scarti di senso, alle immagini della sciagura: Raymond Chandler, il Gordon Pym di Edgar Allan Poe, Louis Aragon ("Apro una parentesi: tutti detestano Aragon ed io lo amo. Chiusa la parentesi") e la sua conferenza alla Sorbona su Petrarca, Charles Baudelaire (L'invitation au voyage), il Balzac di La duchessa di Langeais, Valery Larbaud, Paul Éluard, Jean Giraudoux. Ed ancora: Antoine Blondin, Georges Franju, Edgar Degas, Henri Matisse, Goethe, Max Ophüls, Eric Rohmer, Richard Wagner...
L'affascinante leggerezza di questo Une histoire d'eau, impreziosito ulteriormente dalla fotografia di Michel Latouche, affiora, quindi, proprio nell'evidente vocazione ludica del racconto, nelle caotiche divagazioni verbali che ne scandiscono le evoluzioni, nello stridente contrasto tra parole ed immagini, nelle astrazioni del montaggio. C'è già (quasi) tutto il cinema di Godard, verrebbe da aggiungere...

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