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Womb

Regia di Benedek Fliegauf vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Womb

di Kurtisonic
4 stelle

Il desiderio dell’uomo di creare un essere simile e perfetto che lo avvicini all’immortalità spirituale e fisica si è manifestato presto nel cinema, traducendo nell’immagine di Frankestein  dall’omonimo romanzo dell’ottocento, un sogno che immancabilmente si frantumava su di una realtà neanche così complessa e articolata come quella odierna. L’evoluzione cine-tecnologica dalla quale Frankestein deriva, muta nella robotica la sua massima espressione, dall’intelligenza artificiale spielberghiana fino alla recente Eva.  Womb non considera i transfer onirici alla Lynch o l’artigianale chirurgia almodovariana  della Pelle. Womb punta diritto alla clonazione genetica che dovrebbe favorire l’umanizzazione del replicante, come un vuoto contenitore da riempire costituito da pezzi e optional certificati simil- biologici e immacolate facoltà spirituali, anziché da sofisticati microcircuiti. Womb non ci porta in un futuro imprecisato ma già adeguato alla serialità di produzione fisica e mentale, come nel discutibile Non lasciarmi  di Romanek, il talentuoso regista ungherese Fliegauf il clone ce lo mette direttamente in casa, come un dato di fatto acquisito da una società che si dovrebbe “naturalmente” evolvere. Il regista non prende in considerazione una scrittura che illumini come si è arrivati a sostenere determinate posizioni etiche, ma cerca di influenzare  fortemente i criteri di giudizio dello spettatore, assumendo un linguaggio visivo invadente e preponderante sui significati morali. Ogni inquadratura è curata esteticamente, scenari struggenti dalla forza malinconica ed esaltante che impediscono allo spettatore di porsi alla giusta distanza e aiutano la sceneggiatura a sorvolare sui dialoghi interni ai personaggi, si mostra la bellezza degli scenari e si lascia in sospeso tutto il resto. Quando la ridondanza dell’immagine diventa stucchevole, il pericolo che si cada nel manierismo fine a sé stesso diventa reale, eppure il racconto sarebbe interessante, vorrebbe puntare in alto. Nell’invidiabile e suggestiva location delle spiagge del Mare del Nord, due ragazzini Rebecca e Thomas, si conoscono, non fanno in tempo a promettersi per l’infinito che Rebecca deve partire per il Giappone per alcuni anni. Ritornerà, ritrova  Thomas e il suo amore  ma la loro felicità non si definisce perché il giovane muore. Rebecca decide di aderire ad un progetto di clonazione genetica che farà rivivere dentro di sé Thomas e lo riporterà al mondo.   Rebecca è divisa fra essere madre e amata dell’inconsapevole Thomas, vengono messi in gioco tutti i valori sentimentali ed interiori nei confronti della vita stessa, la regia però s’impegna ad attenuarli, come se avesse altri obiettivi. Presi a filmare la bellezza, lo struggimento cartolinesco nell’attesa che Thomas cresca e ritorni come era prima di morire. Il personaggio fondamentale di Rebecca rimane assolutamente immobilizzato in tutto l’arco temporale, e incredibilmente la regia non la fa invecchiare neanche un po’, forse ne possiamo già intuire una qualche mostruosa mutazione invisibile prodotta nei suoi trascorsi nipponici? Non si saprà mai, le donne poi quando amano poi sono bellissime, figuriamoci lei (Eva Green) che ama il doppio.. e tanto basta,, c'è sempre un'onda spumeggiante, un cielo increspato, la casa sulle palafitte come un eden da design alla moda e loft arredato con i toni giusti. Senza contraddizioni interiori, senza riflessioni sanguinose, senza scossoni del quotidiano. Thomas capirà tutto,  molto comodamente istruito fra le righe del testo, e Rebecca presumibilmente non pagherà dazio a sé stessa, anzi finalmente  si arriverà alla “ciulatina” liberatoria (così diciamo da queste parti).Tutto qui? Womb è un prodotto elegantemente confezionato per una platea più vasta  di quella a cui si rivolge, è un film di tendenza che illude con la sua presunta patina autoriale, la vaghezza  dei suoi contenuti, l’innocua adesione ad etiche ancora tutte da definire, riuscendo a suscitare reazioni sommarie e omeopatiche. Tutta la mia solidarietà e simpatia va ai due genitori (quelli veri) di Thomas,  che quando sono messi al corrente della decisione di Rebecca di replicare il loro figlio diranno straziati “…siamo atei, ma non siamo animali da allevamento, accettiamo quello che la vita ci da, e quello che ci porta via…”  

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