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I Tre Moschettieri

Regia di Paul Anderson vedi scheda film

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La recensione su I Tre Moschettieri

di M Valdemar
2 stelle

Orrido pastrocchio.
Milla Jovovich, atleticissima Milady, sgambetta, volteggia e lotta come fosse l’Alice di Resident Evil: il fascino e l’innata propensione all’inganno, al tradimento e alla seduzione sono subordinate ad incredibili abilità da ninja. S’è naturalmente portati ad aspettarsi da un momento all’altro qualche mutazione zombesca con l'eroina pronta a tirar fuori dall’ampio e fastoso vestito un intero arsenale di munizioni con cui sparare a ogni cosa, viva o (non) morta. Come se ciò non bastasse, la Jovovich (altrove anche capace di discrete prove) sfodera un’inspiegabile interpretazione tutta mossette (presuntivamente) ammalianti, il cui tono enfatico e fanatico la fa apparire una figur(in)a caricaturale, costantemente fuori controllo.
Come "fuori" sicuramente sono stati gli artefici di questo tremendo e inutile “potpourri”. Una storia - quella del romanzo di Dumas - arcinota, in cui, con certosino e dopato affaccendarsi, riescono ad infilarci dentro Leonardo Da Vinci (come non averci pensato prima!), Venezia (nell‘incipit), avveniristiche "aeronavi" da combattimento, movenze e riprese al ralenti in stile Matrix. Il tutto, ovviamente, guastando irreparabilmente quel genuino e avvincente gusto dell’avventura del libro d’origine e di almeno un paio di trasposizioni (‘48 e ‘73). L’aggiunta di elementi fuori del tempo, tecnologie future (e non è nemmeno una novità), completa il marcescente lavoro di banalizzazione e scadimento dell’opera, tale da risultare l’ennesimo fumettone insulso e inutile.
Oltretutto, proprio dal punto di vista estetico/spettacolare fallisce pietosamente, con scene d’azione, non solo affatto interessanti, ma anche straviste e riciclate, quando non miseramente ridicole (l’”epica” battaglia nei cieli tra le navi volanti). Non appassiona né entusiasma e men che meno diverte (cosa che dovrebbe almeno provare a fare un film di puro intrattenimento come questo); è solo una deviata collezione di patetiche rappresentazioni hi-tech in costume. Tutto è così dannatamente standard e prevedibile: ritmo, messa in scena, humour (patetico, a voler essere generosi, incapace di riprendere il vero spirito “guasconesco”), coreografie, regia, interpretazioni, sceneggiatura (manco per un’infinitesima frazione di secondo si crede che Milady muoia davvero quando si getta in mare, solo per dirne una). A che serve? qual è il senso? Ché forse basta qualche esplosione o sexyfurberia (tipo lo scosciamento - comunque sempre apprezzabile - di Milla Jovovich) a rendere il film originale? suvvia, che sciocchezza!
Insomma, il regista (Paul Anderson), in evidente stato confusionale, fa fiasco su tutta la linea, il tentativo di attualizzare un classico è maldestro e incolore, dimostra altresì di non aver compreso granché delle potenzialità della storia (in termini di spettacolarità, romanticismo, scenografie …). I suoi moschettieri ammodernati sono ammorbanti nella loro completa inadeguatezza di suscitare il benché minimo interesse (e ciò non è bene, direi); come pure il resto del cast, s’intende. Altra mossa sbagliata, complimenti.
Dei tre del titolo quello meno peggio è il Porthos di Ray Stevenson (Tito Pullo nell’ottima serie Roma), mentre l’Athos di Matthew MacFadyen (una sorta di John Cusack meno simpatico) e Aramis/Luke Evans sono semplice arredamento, non pervenuti. Ma il culmine dell’abominio lo si raggiunge con il tizio che fa D’Artagnan: “recitazione” amatoriale, da soap opera pomeridiana, una presenza assente (anche a sé stesso), fa rivalutare persino Chris O’Donnell e Justin Chambers. Per dire. Di Orlando “bluff” Bloom (il duca di Buckingham) è superfluo parlare, forse in un’altra vita era un talento della recitazione, in questa no. Incredibile poi, da condanna a vita nelle prigioni turche, lo spreco fatto con Mads Mikkelsen (chissà che “direbbe” One-Eye …), nel ruolo di Rochefort, e con il ricercatissimo e in forma smagliante (e ghignante) Christoph Waltz: il suo cardinale Richelieu meritava ben altra sorte (e altri regista e sceneneggiatori).
Sul versante femminile - detto della Jovovich -, Juno Temple è un’insipida regina Anna, mentre la biondina stupenda (ma mediocre) Gabriella Wilde è la Constance di cui s’innamora D’Artagnan.
Infine, poiché al peggio non c’è mai fine, il finale lascia intendere un possibile seguito. Amen.

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