Espandi menu
cerca
Con gli occhi dell'assassino

Regia di Guillem Morales vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mc 5

mc 5

Iscritto dal 9 settembre 2006 Vai al suo profilo
  • Seguaci 119
  • Post 1
  • Recensioni 1059
  • Playlist 57
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Con gli occhi dell'assassino

di mc 5
10 stelle

La domanda é: come ci si può infatuare tanto intensamente per quello che agli occhi di tutti è un ordinario thriller? Parliamone. La fruizione che ciascuno di noi ha di una pellicola è ogni volta qualcosa di estremamente soggettivo. Concetto innegabilmente banale ma che racchiude una grande verità. Esistono infatti film apparentemente senza eccessive pretese (ed è il caso di quello di cui vado a parlare) che però possono scatenare nell'animo di chi vi è predisposto tempeste fragorose e generare profonde inquietudini. E poi, scusate la quasi facezia, ma è troppo facile definire capolavoro un nuovo film di Malick, son capaci tutti; più affascinante e più impegnativo è farsi sedurre da un'opera quasi invisibile nella propria ordinaria apparente normalità. Devo dire che questo che per quasi tutti è un modesto thriller, mi ha letteralmente travolto e conquistato. E non voglio nemmeno prendermela con la totalità della critica che ha bellamente ignorato questo film, snobbandolo come fosse un b-movie o un fondo di magazzino. Di questo poco m'importa. A me basta averne potuto godere la visione. A questo punto mi rendo conto di avere suscitato curiosità. Qualcuno si starà chiedendo: "ma cosa avrà mai di così speciale questo thriller spagnolo?". Beh, innanzitutto proprio la provenienza di produzione, la Spagna. Come è noto, negli ultimi anni le migliori produzioni di cinema di genere, dal thriller al fantastico e all'horror, hanno matrice spagnola o francese. Quando si parla di Spagna il primo nome che balza alla mente è quello di Almodovar. Ecco, diciamo che questo bel thriller è un abile mix di certe atmosfere mèlò almodovariane con uno stile che svela uno spudorato amore verso il Maestro Alfred Hitchcock. Ci troviamo dunque di fronte ad un'opera che sa coniugare mirabilmente tensione e suspense con una struggente storia d'amore, però quest'ultima contaminata da qualche elemento di soprannaturale. La vicenda è di per sè appassionante e ci parla del dramma di una donna gravemente malata agli occhi e che subisce una serie di torture psicologiche che ne annientano la personalità, umiliandola e sfinendola. Va segnalata una sceneggiatura molto valida, che favorisce i colpi di scena e degli snodi narrativi efficaci. E anche i personaggi principali sono definiti con adeguata attenzione, mentre quelli secondari vengono appena abbozzati, com'è giusto che sia, per seminare ambiguità e senso del mistero. La storia inizia già con tinte molto fosche, mostrandoci in pratica la preparazione di un suicidio. Una donna non vedente si toglie la vita impiccandosi, ma lo fa in circostanze così ambigue e misteriose da lasciare lo spettatore in ansia già dopo i primi 5 minuti. Poi subentra il fattore mèlo, quando ci viene mostrato il legame, appassionato ma percorso da fremiti di inquietudine, tra due coniugi. Lei è la sorella gemella della donna morta suicida, con la quale condivide una rara malattia degenerativa che conduce progressivamente alla cecità. Si tratta di una coppia la cui unione è condizionata da alcuni misteri incombenti e da segreti che affioreranno nel corso della visione. Possiamo dire che il film è sostanzialmente diviso in due parti. Nella prima assistiamo alla ostinata ed ossessiva ricerca della donna di aprire uno squarcio di verità nel fitto mistero che avvolge il suicidio della sorella. C'è un evento che fa da discrimine tra le due parti, ed è l'aggravamento improvviso delle condizioni di Julia (questo il suo nome), con conseguente ricovero ed intervento agli occhi. Da questo momento inizia il vero calvario di Julia, la quale percorre un'esperienza colma di dolore e sofferenza, che la pone, oltretutto menomata dal non poter vedere, faccia a faccia con il Male Assoluto, nelle sembianze di una persona malvagia oltre ogni limite e che porta dentro di sè un carico smisurato di odio e di rancore. Ed ecco che tra Julia e il suo carnefice si delinea un rapporto perverso e terribile, dominato da un'atmosfera ai limiti del tollerabile anche per lo spettatore più scafato. La tensione, in questa seconda parte, si fa quasi insostenibile, sicuramente ai livelli di thriller "storici" quali "Il silenzio degli innocenti". Ma questo clima ansiogeno viene "risolto" in modo sorprendente da una sceneggiatura originale e inconsueta. Assistiamo, sì, ad una attesa sequenza finale in cui l'angoscia viene "liberata" da una resa dei conti violenta e inevitabile, ma subito dopo ci viene proposta un'appendice del tutto inattesa, che fa prepotentemente riemergere il lato mèlo del film, coniugandolo oltretutto con una vago sapore new age. C'è una cosa importante da segnalare. E cioè l'attenzione maniacale che il regista ha dedicato a restituire al pubblico i dettagli della percezione dei due sensi essenziali che emergono dal dramma di questa donna: la vista e l'udito. Tutto teso a far coinvolgere lo spettatore nella condizione della protagonista. Va quindi rimarcata l'importanza della qualità audio: in questo film sono fondamentali i rumori e i suoni (un telefono che squilla all'improvviso, una porta che si chiude sbattendo forte, il tintinnare di una chiave appesa alla parete...). E allora vediamo chi diavolo è questo geniale regista, ai più sconosciuto prima d'ora. Indagando in rete, ho scoperto che questo giovane spagnolo di nome Guillem Morales è al suo secondo lungometraggio e che la sua opera prima ("El habitante incierto", suppongo mai uscito sui nostri schermi) pare sia un meraviglioso omaggio al genio di Hitchcock. E se al talento formidabile di Morales aggiungiamo che il film è prodotto dal grande Guillermo Del Toro (cineasta che adoro), allora ecco che il quadro è completo. Un cenno doveroso al cast. Pablo Derqui interpreta con adesione luciferina l'infermiere Ivan. Il marito della sventurata Julia è affidato a Lluis Homar, attore molto amato da Almodovar che lo ha voluto sia in "La mala educacion" sia in "Abbracci spezzati". Ma la mattarice assoluta è la splendida Belèn Rueda, clamorosamente brava, in un ruolo talmente ricco di sfumature che solo poche attrici drammatiche oggi potrebbero permettersi. Il suo curriculum è curioso: in Spagna pare sia popolarissima per le sue conduzioni tv di programmi brillanti, mentre al cinema eccelle in ruoli drammatici ad alta intensità. L'avevamo apprezzata in "Mare dentro" di Amenabar, ma soprattutto nel bellissimo e prezioso "The orphanage". Mi spiace concludere con una riflessione negativa, che non riguarda certo il film in sè, ma bensì il mercato e i suoi meccanismi commerciali. Il film è stato programmato in un buon numero di sale e su questo non ho appunti da muovere. Quello che mi preme segnalare è la totale assenza di promozione e di informazioni su un prodotto che dunque è stato collocato allo sbaraglio alla stregua di un qualunque fondo di magazzino, quando invece si tratta di pellicola di pregevole fattura. E poi ci si mette anche la congiuntura sfavorevole (o sfortuna per essere più chiari). Questa pellicola (e non è la sola) ha infatti dovuto soccombere al forsennato attacco dei "Pirati" disneyani, col risultato di essere smontato in fretta per fare luogo a Johnny Depp & Co. Peccato solo che (a detta di quasi tutti) quello con Depp sia un brutto film, e che abbia "schiacciato" senza pietà film più meritevoli, come questo gioiello di thriller psicoanalitico. E già che siamo in tema di considerazione amare, rincariamo pure la dose. Me la cavo con la solita domandina rituale che formulo ogni volta in fondo alla recensione di un prodotto francese o spagnolo. Ma perchè noi italiani non riusciamo a fare un film come questo? Cosa ci manca?
Voto: 10

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati